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La figlia "meno amata"
È il primo libro che leggo della Ciabatti, non ho letto (ancora) "La più amata" perché troppo influenzata dai tanti commenti (per lo più negativi) che imperversavano in quel periodo...(quando c'è di mezzo lo Strega poi, è tutto un delirio).
E non mi piace leggere quando non mi sento mentalmente libera...
Così eccomi qui, scevra da ogni pregiudizio, a parlare di "Matrigna".
Giocando un po' sui titoli (gioco facile) viene da dire che questo romanzo racconti di una figlia "meno amata".
Noemi ha nove anni quando stringe la manina di suo fratello Andrea, di sei anni, per le vie del paese durante una festa di Carnevale, mentre la loro mamma è impegnata a parlare con dei fotografi.
Ma tra i coriandoli e la confusione quella manina, chiusa in una manina di poco più grande, le sfugge...e Andrea scompare.
Da quel momento la sua vita si spezza, si ferma....passano gli anni ma tutto resta immutato, lei è condannata ad avere sempre nove anni, ad essere per sempre la "sorella di", quella testa castana inquadrata per sbaglio dalle telecamere del telegiornale...
È stata la prima ad essere sospettata, ma l'ultima di cui preoccuparsi.
Andrea era quello bello bellissimo, biondo biondissimo, amato amatissimo, quello più fragile, quello da proteggere, l'amore della mamma.
Lei dovrà farcela da sola, capirà che l'unico modo per salvarsi, per non impazzire, sarà quello di "mettere distanza" fra se stessa e quel che rimane della sua famiglia, soprattutto da quella madre che l'aveva sempre messa in secondo piano, prima ancora di essere una madre ferita e quindi "giustificata" nel suo immenso dolore.
Crescerà lontano, studierà, si innamorerà...ma continuerà a sognare il fratellino nascosto in una scatola in cantina.
Il passato torna sempre.
Ma questo non è un libro sulla scomparsa, qui la Ciabatti esplora il rapporto madre/figli, scoperchiando il tabù delle "preferenze", spauracchio di ogni madre che si rispetti.
Nessuna vuole essere sbilanciata, creare scompensi, diventare "matrigna", non nel senso di nuova moglie del papà, ma "cattiva madre".
Ci riusciamo davvero? Sono madre, mi ci metto anch'io.
Riusciamo ad amare i figli, tutti allo stesso modo?
Gli unici a cui poterlo chiedere davvero sono proprio loro, i figli.
Ma un po' per amore, un po' per pudore...non ce lo diranno mai.
(A meno che, un giorno, non diventino scrittori...)
La scrittura della Ciabatti mi ha tenuta sospesa per tutta la narrazione, spesso mi ha confusa, spiazzata...è una scrittura dal ritmo sincopato, discontinuo, il flusso di parole a volte si interrompe bruscamente, poi riprende con ritmi diversi.
Insomma, una volta iniziato non ho potuto sospenderne la lettura...non so se ciò sia dovuto ad una reale bellezza dello stile oppure per la tensione che è riuscita a provocare in me.
In ogni caso, per me è un sí.