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Paolina guarda il mondo, appoggiata al muro...
Io, Paolina, vorrei abbracciarla, portarla a casa mia, darle da mangiare (magari le meringhe con la panna e cioccolato), farla sentire amata e dirle "tranquilla, non sei sola, adesso ci penso io a te".
Perché a 15 anni ci dovrebbe essere sempre qualcuno che si occupi di te, che ti ami incondizionatamente.
Invece Paolina, di anni, se ne sente diecimila...come una montagna.
Si sente inutile, inconsistente, indegna di chiedere, di volere, di desiderare.
"Il cavolo sotto cui è nata è subito marcito"...e a lei non resta altro che "guardare il mondo, appoggiata al muro".
Ha una madre portinaia troppo occupata a leccarsi le ferite e a rimpiangere la vita che non ha avuto, per potersi occupare anche di lei...
Ha un padre "non pervenuto", che lei aspetta per anni all'uscita di scuola e di cui cerca sempre di immaginarne il viso guardandosi allo specchio.
Paolina è incinta e sola, ha un solo giorno per decidere della sua vita, tre rose rosse (tante quanti i ragazzi con cui ha fatto l'amore) e un telefonino che non le appartiene.
Ma sopratutto possiede la forza degli ultimi, quella che le permette di essere felice anche nell'infelicità, di sentirsi necessaria nella sua inutilità.
Le sue tre rose perderanno i loro petali, appassiranno nell'arco di 24 ore proprio come i suoi fragili amori, ma la sua innocenza rimarrà intatta e proprio all'alba, in una Roma che si accinge a svegliarsi, Paolina capirà che può ricominciare solo da se stessa.
Un piccolo libro denso di significato, da centellinare e assaporare in tutta la sua bellezza e profondità.