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L'animale che mi porto dentro
 
L'animale che mi porto dentro 2019-01-30 14:24:20 Lonely
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Lonely Opinione inserita da Lonely    30 Gennaio, 2019
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L'animale che mi rende schiavo dei miei istinti

…Ma l'animale che mi porto dentro
non mi fa vivere felice mai
si prende tutto anche il caffè
mi rende schiavo delle mie passioni (Franco Battiato)

Francesco Piccolo in una recente intervista, proprio in merito a questo suo ultimo lavoro, confessa che, a parte leggere qualcosa la mattina e sbrigare qualche commissione, di solito scrive tutto il giorno; raccoglie idee e contenuti, divisi per argomento, in vari files al computer e poi quando decide che è abbastanza, razionalizza e scrive il libro.
In effetti i suoi scritti, ad una prima lettura possono apparire frammentari, e Il suo modo di scrivere semplicistico, perché non hanno le tecniche stilistiche del romanzo, ma sono soprattutto riflessioni, e pezzi di vita sotto forma di racconto.
Scritto necessariamente in prima persona questo libro risulta essere autobiografico, ma alla domanda ovvia, nell'intervista, del giornalista all’autore,
“è tutto vero quello che narra nel suo ultimo libro? ”
lui cordialmente risponde “cazzi miei!” che può sembrare arrogante, davvero, ma in effetti poi Piccolo ci spiega che non è importante se quello che narra sia vero o no, quello che conta è che lo creda il lettore. E se l’intento è anche questo gli riesce benissimo, perché sembra tutto reale.
In questa ottica l’autore sembra mettersi a nudo, parlando appunto, anche marcatamente, dei suoi istinti maschili, e di come essi pesino sulla sua vita, ma anche di quella di coloro che gli sono vicini, e che si relazionano con lui.
Questo suo essere maschio, inteso nelle sue forme ancestrali, e non certo moderne, e dunque orgoglioso, violento, prevaricatore, dominato fortemente dagli impulsi sessuali irrompe e fa soccombere la sua parte emotiva e sentimentale.
Cresciuto in una società, in cui i valori e i limiti e i generi erano netti e precisi, (solo perché di altro non si poteva parlare), il suo ruolo era già stabilito alla nascita. In qualche modo la famiglia, l’ambiente, il gruppo, il “branco” di amici maschi, si aspettavano da lui certe caratteristiche e determinati comportamenti legati a un preciso stereotipo di uomo ormai oggigiorno fuorimoda e anzi anche spregevole per molti versi.
Questo modo di “essere uomo” lo condiziona come uomo, e può apparire un paradosso, ma non lo è.

«Quello che tenevo compresso dentro di me, nell'ora di educazione fisica o durante i film di Maciste, o certe sere quando andavo a dormire e avevo paura, era l'angoscia di dimostrare di essere maschio. Doverlo far vedere a tutti, ogni ora, ogni giorno, ogni settimana. E ogni volta misurare la mia inadeguatezza».

Perché in qualche modo ognuno di noi vuole sentirsi apprezzato e stimato per ovvi motivi all’interno della società, vuole esserne parte integrante. E diciamo che il protagonista (o l’autore?) trova il suo modo anche se non gli appartiene del tutto, e non gli calza perfettamente.

“La soluzione è quella specie di convivenza tra la persona che vuoi essere e la persona che la tua comunità di maschi ti ha chiesto di essere. Trovare un punto in cui queste due entità litigiose riescano a convivere e a superare la giornata, giorno dopo giorno. La soluzione è abituarsi a questa doppia personalità, allo stomaco stretto, ai denti che digrignano di notte, alle mascelle serrate, all’impossibilità di spiegarsi, all’impossibilità di essere solo.”

Ma falsa un po’ tutti i rapporti, tutte le relazioni anche di uomo adulto ed in una qualsiasi circostanza avversa, facilmente, esplode l’animale che porta sempre dentro di sé, quello che si nasconde dietro la maschera del cosiddetto perbenismo: un uomo con le sue debolezze e le sue fragilità, che non può manifestare, se non con la violenza verbale e fisica.

“L’animale che mi porto dentro e che molti non conoscono è uno che vuole continuamente fare a botte; che ai semafori si incazza se qualcuno gli suona il clacson, o gli taglia la strada, ma si incazza nel senso che insulta, ha voglia di litigare, dà cazzotti contro i finestrini e dice: scendi che t’ammazzo. È violento, sbatte il telefono in faccia, urla a due centimetri dalle persone, è arrogante, vuole che le cose vadano come dice lui, che le persone gli chiedano scusa, stringe le mandibole, digrigna i denti, chiude i pugni, per dire: ora t’ammazzo, anche se sa che non bisogna farlo, e neanche dirlo. Questo animale mi fa essere cupo, nervoso; una persona che gli altri giudicano simpatica è anche la stessa persona che, per giorni, può non dire una parola, sta zitto e se qualcuno gli chiede: cos’hai?, lo manda a fanculo.”

In tutto questo “sentire” scorre la sua vita: il difficile rapporto col padre; quello con la figlia; il desiderio di essere stimato dalla moglie; l’amante e le conquiste femminili che contribuiscono, insieme al successo come scrittore, a ritenersi importante (“stocazzo” come dice lui), che non è altro poi che la sua rivincita sul mondo.
Qualcuno mi ha fatto una domanda interessante riguardo questo libro, ovvero, perché una donna dovrebbe leggerlo, visto che descrive e dunque appartiene all’altra metà del mondo, quella maschile appunto.
Beh io credo che comunque questa lettura vada oltre e che ci faccia riflettere, non solo sul nostro modo di essere maschi o femmine, ma semplicemente sul nostro modo di essere umani, che viviamo portando comunque con noi quel so che di bestiale, difficile da reprimere a volte nonostante i freni inibitori del nostro cervello, e che forse non è giusto, in senso etico, ma è quello che poi ci rende veri.

“alla fine sono grato all’animale, perché ha formato la persona che sono, l’ha indirizzata verso il senso del vero invece che verso il senso del giusto – che è il principio primo per essere degli scrittori nel modo in cui credo bisogna esserlo. E io volevo esattamente questo. Ed è merito dell’animale.”

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Commenti

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L'ho preso giusto ieri in prestito in biblioteca, non vedo l'ora di iniziarlo per confrontarmi con te. :)
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Lonely
30 Gennaio, 2019
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aspetto con ansia la tua opinione allora ;)
Claudia, la tua recensione è interessante ed esaustiva. Questo Piccolo non mi garba per niente, almeno dai suoi interventi che ho visto o letto. Da quanto dici, pare abbia una visione piuttosto stereotipata ed antiquata del 'maschile'. Molto meglio la vena sottilmente ironica di Battiato.
In risposta ad un precedente commento
Lonely
01 Febbraio, 2019
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Ti ringrazio, non conosco il tuo genere preferito, se ne hai uno, ma sinceramente io non disdegno i libri di Francesco Piccolo. Sicuramente sono poco impegnativi, ma non per questo meno riflessivi.
Tra quelli che ho letto il mio preferito è quello che ha vinto il Premio Strega nel 2014, Il desiderio di essere come tutti. Se sei un minimo curioso prova con quello.
Su Battiato concordo con te :)
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