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La chimera
 
La chimera 2019-01-29 21:17:36 pierpaolo valfrè
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Stile 
 
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Contenuto 
 
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pierpaolo valfrè Opinione inserita da pierpaolo valfrè    29 Gennaio, 2019
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Agnello sacrificale

La chimera, premio Strega 1990, è un romanzo storico bello e interessante, ambientato nei due decenni a cavallo tra la fine del 1500 e l’inizio del 1600 a Novara e nella campagna che da questa città si spinge a occidente fino al fiume Sesia, cioè nelle zone dove Sebastiano Vassalli, nato a Genova da padre lombardo e madre toscana, trascorse gran parte della sua vita.

A differenza di tanti romanzi storici capaci di scalare le classifiche di vendita grazie a colpi di scena e atmosfere da thriller, La chimera non cerca di impressionare il lettore con la spettacolarizzazione della Storia e mantiene costantemente uno stile distaccato e un linguaggio in cui ogni parola sembra essere accuratamente studiata e soppesata.
E’ evidente, palpabile, il minuzioso e accurato lavoro di ricerca che lo scrittore ha condotto e la passione con la quale ha riportato indietro di quattro secoli il paesaggio, l’ambiente e la società di un territorio oggi attraversato dalla linea ferroviaria dell’Alta Velocità e dalle tratte autostradali che uniscono Milano, Torino e Genova e che ai contemporanei sembra così grigio, piatto e anonimo da non riuscire ad immaginare che potesse aver avuto, in un tempo nemmeno troppo distante, una vita animata e degna di essere raccontata.

In questo romanzo ho trovato decisamente più interessante il contesto e la ricostruzione storica che la trama, in sé molto scarna: il processo per stregoneria a una giovane ragazza “esposta” (cioè abbandonata alla nascita e presa in carico da un convento) e adottata da una coppia di contadini di Zardino, un villaggio che, come dichiarò l’autore, è esistito realmente, tra gli attuali comuni di Recetto e Vicolungo (dove oggi sorge un famoso centro commerciale) e che poi scomparve, forse travolto da un’alluvione del Sesia.
Mi ha molto interessato la descrizione della società dell’epoca, con una inevitabile eco del capolavoro manzoniano, cui più volte l’autore sembra richiamarsi in una sorta di contrappunto. Ritroviamo quindi la dominazione spagnola con le sue grida inutili, emesse tanto per mostrar di far qualcosa, i signorotti locali e le loro angherie compiute sul contado, i bravi, i criminali che trovano asilo e protezione nei conventi (e che però, non toccati dalla divina provvidenza, non si redimono).

Nel romanzo di Vassalli vediamo anche il lato oscuro della Chiesa e del potere ecclesiastico, fatto di intrighi, strategie e cinica consapevolezza che il male che alberga nel cuore di ogni uomo può essere accarezzato, manipolato e utilizzato in nome di qualche santa finalità, senza troppo curarsi né delle vittime, né degli occasionali vantaggi materiali e terreni che questa spregiudicatezza può portare a un buon numero di peccatori, uomini di Chiesa inclusi, né dei vizi o delle nefandezze private alimentati in nome della difesa di qualche pubblica e sacra virtù.
Si tratta della Chiesa che manda le streghe e gli eretici al rogo senza sporcarsi le mani, infatti la condanna e l’esecuzione della pena sono compiuti dalle autorità civili, limitandosi la Santa Inquisizione a cercare con ogni mezzo (proprio con ogni mezzo) un segno di pentimento “sincero” e sufficientemente evidente da permettere di capire che l’anima e il corpo della sventurata o dello sventurato non siano ormai irrimediabilmente posseduti dal demonio.

Vassalli ci parla anche di altri protagonisti della Storia, meno noti, come i risaroli, sorta di braccianti che ogni anno scendevano dalle montagne per raccogliere il riso in condizioni di schiavitù, una piaga che stranamente, osserva, è passata sotto silenzio, o come i “camminanti”, vagabondi senza fissa dimora che rifiutavano il lavoro e vivevano di espedienti, o come i “quistoni” che nella zona di Novara era il termine usato per i falsi preti che giravano nei paesi per raccogliere elemosina, vendere indulgenze, prescrivere medicamenti e interessati consigli.

Antonia, la protagonista del romanzo, in fondo è un semplice pretesto per raccontare una delle tante vicende di oscurantismo che appartiene al nostro passato italiano, europeo, occidentale. Una storia in cui il fanatismo di pochi, l’ignoranza di molti, l’intreccio tra politica e religione e tanta corruzione a tutti i livelli della società potevano mandare a morire una ragazza innocente di vent’anni, bollandola come “la strega di Zardino”.
Il sacrificio di Antonia è stato l’esito imprescindibile di un fitto intreccio di convenienze e casualità. Le rivalità da cortile e le maldicenze messe in circolo nelle chiacchiere tra comari sono state solo la scintilla che è poi divampata in incendio per una triste combinazione di casualità e interessi personali, politici, curiali. Un ingranaggio implacabile che, una volta azionato, non ha più potuto essere fermato.

Il libro si chiude con un proclama di ateismo e con l’amara constatazione che dopo tanto affannarsi esiste solo il nulla, che inghiotte tutto e tutti, colpevoli e innocenti, vincitori e vinti. Ma questi sono altri discorsi, altre temi per infiniti altri libri.

In conclusione, il Seicento di Sebastiano Vassalli, mai rischiarato dalla luce della fede e mai coperto dal velo della pietà, è più crudo, cupo e disperato del Seicento del Manzoni e si percepisce come molto più realistico. Di Vassalli ho apprezzato moltissimo anche lo sforzo di far parlare la terra, con le sue tradizioni, le sue espressioni, i suoi umori, il suo clima, il suo paesaggio. Detto questo, non me la sento proprio di accostare le due opere. Appartengo ad una generazione per la quale quella manciata di mostri sacri che ci hanno tanto afflitto sui banchi di scuola continuano a metterci soggezione e ci obbligano a classificarli “fuori concorso” in qualsiasi successivo giudizio letterario! :-)

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Commenti

7 risultati - visualizzati 1 - 7
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Ottima recensione, Pierpaolo. Se ti interessa il tema, ti consiglio vivamente "Gostanza da Libbiano", un film del 2000, rigoroso e storicamente ben documentato, diretto da Paolo Benvenuti e interpretato da Lucia Poli.
Nella tua bella recensione, sottolinei l'accuratezza della rappresentazione del contesto. Forse è una caratteristica dell'autore, ma è solo una supposizione, perché di lui ho letto solamente il breve "Dux", sugli ultimi anni di Casanova bibliotecario appunto nel castello di Dux, con documenti scoppiettanti.
Ottima ed interessante recensione Pierpaolo, grazie. A me piacciono i romanzi storici, quindi me lo segno!
@Giulio, grazie mille, prendo nota: dopo aver letto questo romanzo, che mi e' piaciuto 'nonostante' parlasse di roghi e di streghe, penso di potermi accostare nuovamente a questi temi per ampliare le conoscenze
@ Emilio, hai perfettamente ragione, è proprio questa la forza di questo romanzo. Tanto che i personaggi minori o anche le semplici comparse, evocate solo per appartenenza ad una categoria, impressionano il lettore come e a volte più della protagonista. E i personaggi realmente esistiti si muovono in un contesto realistico e credibile, frutto di una competente e paziente ricerca.
@Chiara, lieto di poterti suggerire una lettura. Se ti piacciono i romanzi storici, penso proprio che non ti deludera'



22 Gennaio, 2020
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Condivido questa recensione. Aggiungerei solo un aspetto. I frequenti parallelismi con aspetti della vita dell'uomo validi in ogni epoca, "mutatis mutandis". La nascita delle paure collettive, generate dalle chiacchiere delle donne che filavano nelle lunghe serate d'inverno e che passando di bocca in bocca alimentavano bestie e nemici immaginari, a me ha tanto ricordato la nascita e la diffusione delle fake news in epoca moderna, generate da una miriade di persone che sfogano nell'anonimato per mezzo di una tastiera le loro paure ancestrali, creando mostri e paure moderne, ma con meccanismi del tutto simili a epoche meno "illuminate". Basta fare un giro sul web. Vengono bruciate streghe ogni giorno.
@Carla: sono totalmente d'accordo
In risposta ad un precedente commento
valfed33
17 Aprile, 2020
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Grande verità
7 risultati - visualizzati 1 - 7

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