Dettagli Recensione
Seta, il romanzo della vita
“Seta “ di Alessandro Baricco
La seta, quella stoffa delicata e tanto pregiata in ogni angolo della terra, dai colori sgargianti o tenui, al tatto morbida ed ineguagliabile era la sintesi del mondo di Hervè Joncour, protagonista del romanzo. Comprava e vendeva bachi da seta e con loro viaggiava almeno una volta l’anno da Parigi fino alla “fine del mondo”, come veniva denominato il Giappone. Tutte le volte Hervè tornava nella sua adorata cittadina Lavilledieu, per assistere di nuovo alla consuetudine della sua esistenza parigina ed alla magia della schiusa dei bachi Giapponesi.”Seta” non è il romanzo di Hervè Joncour, ma del silenzio della vita, del mistero del nostro avanzare nel perpetuo scorrere del tempo, di nascosto al mondo. Come Hervè, ci barcameniamo tra le dinamiche psicologiche delle persone che ci circondano e rimaniamo estasiati dai tanti uomini che, come Berbek ,altro personaggio del romanzo, illuminano il nostro pensiero. Infatti Jean Berbek, concittadino di Hervè, ad un certo punto della sua vita decise che non avrebbe parlato mai più, probabilmente perché ogni sua parola, o quella pronunciata da qualsiasi individuo, qualsiasi tentativo di sconvolgere l’equilibrio delle emozioni e delle azioni, avrebbe danneggiato la serenità e l’essenzialità dei suoi giorni. Da quel fatidico momento in poi Berbek capì che poteva vivere a pieno il suo tempo, in silenzio, non avendo più nulla da dire al destino, meravigliato dal solo correre delle sue giornate. Anche Hervè contemplava la sua vita, nello stesso modo in cui si osserva una giornata di pioggia, lasciando che il “fato” scrivesse il suo futuro. Non ferveva in Hervè alcun desiderio di vivere la sua esistenza, ma essa sarà la stessa che lo porterà a conoscere la riflessione, la passione e l’amore secolare . E' la vita stessa con la sua unicità e grandiosità che induce Hervè a viverla pienamente abbandonandosi, inevitabilmente all’ emozione che essa provoca. E’ questa l’eroicità che l’autore celebra nel romanzo: assistere alle vicende della propria vita con tanta dedizione da lasciarsi silenziosamente trasportare credendo, seppur inconsciamente, nel suo grande valore. A. Baricco, inoltre ,servendosi di uno geniale stratagemma letterario, rende contemporanea ed identica quella di Hervè all’eroicità di Salammbo descritto da Flaubert e a quella di Abraham Lincoln nel “combattere una guerra di cui non avrebbe mai visto la fine”. Essere immobili davanti alla vita, in qualche modo concentrati sulla sua rappresentazione, come spettatori, induce a ridimensionare i sentimenti più deboli e le emozioni più forti in un intimità condivisa con l’amore ed introspettiva allo stesso tempo. Hervè amava Helène, sua moglie, e di nascosto al mondo, il loro amore cresceva in una consuetudine quasi sacra come la “Messa Grande”, celebrata nel periodo di Pasqua a Lavilledieu. Il mercante di bachi da seta Hervè tornava, infatti, dal Giappone per regalare di nuovo a sua moglie il calore di un abbraccio e per partecipare quindi, ai prudenti riti spirituali della sua esistenza. Dall’altra parte del mondo, invece, una passione misteriosa, senza voce, e vestita di seta sgargiante rendeva affascinanti i viaggi di Hervè verso un angolo del Giappone immerso in una quiete assoluta,. che aveva il potere di far dimenticare tutto ciò che fosse stato al di fuori delle sue ombre. Nessun rumore turbava la serenità del villaggio di Hara Kei, in cui si agitava una solitudine felice e condivisa nell’ equilibrio infinitamente preciso e fiabesco di una sorta di esistenza reinventata e posta su un bel palcoscenico affascinante. Con la mente smarrita, vincolata solamente dai ritmi vitali dei bachi da seta, che sempre lo riconducevano in Francia, Hervè godeva della sua passione. Così ogni animo umano impara ad ascoltare il fruscio nascosto della passione, che aleggia inquieto sul silenzio bianco e apparentemente troppo adamantino della consuetudine. Nel momento in cui la nostra passione d’amore o di qualsiasi altro tipo, quella più evidente e travolgente perché fuggevole, viene a mancare, si scopre l’irripetibilità dei momenti trascorsi sostenuti da essa.. Il bambino giapponese che spunta tra le rovine del villaggio è la metafora dell’istintivo desiderio di continuare ad amare, pur essendo confinati nelle rovine della passione.E’ con l’ingenuità e lo sguardo di un bambino, infatti, che riusciamo ad andare oltre “la fine” con un approccio essenziale, curioso e comunque disinteressato verso il mondo. D’altra parte questo sguardo da spettatore verso l’avanzare del proprio tempo era quello iniziale. Se ci si sottrae alla vita dimenticando le sue meraviglie, per concedersi follemente alla passione momentanea, l’esistenza malinconicamente ci uccide, anche se per poco, il tempo di un istante appassionato, e poi ci fa rivivere in essa, ogni volta più grandi, tanto attesi come amori lontani. La salvezza è data proprio da questo ritorno alla vita ancorata ai sentimenti,all’amore che Helène, la moglie, nutre per Hervè. Questo amore, con la sua voce unica, bellissima, dolce e rassicurante, è la musica che rinvigorisce tutte le avventure di Hervé, sempre in contrapposizione al silenzio della sua inerzia esistenziale. L’ultima melodia appassioata che può ascoltare Hervè è una lettera scritta per lui in caratteri giapponesi, scritta da Hélène con le sue parole più profonde, impresse sulla carta dalle mani della mistica donna giapponese Madame Blanche. Helène, così facendo, infatti, aveva voluto appropriarsi di quel fascino giapponese che tanto a lungo aveva rapito il suo amato, ed usarlo come filtro espressivo della sua passione autentica e realmente forte.La lettera, traboccante di nostalgico desiderio, era l’illusione di cui Hervè aveva bisogno per capire, dopo la morte di Hélène, quale reale passione avesse avuto accanto da sempre. La vita aveva giocato silenziosa, cercando di trasportare una passione fuggevole estranea all’amore, a colorare il tempo del proprio avanzare. In realtà la costanza dei sentimenti, nascosta c’era sempre stata ed Hervè non l’aveva mai colta fino in fondo. Nel momento in cui, però, questo carattere eterno dei sentimenti si allontana con la morte di Hélène, Hervè ne ha sentito bisogno e l’ha identificato egli stesso nella vera passione della sua pioggia-esistenza, la goccia più importante. Nel frattempo, Baldabiou, il più fedele amico di Hervè intraprende la strada maestra, non quella pirandelliana della “Pazzia”, ma di una vita ricca di passioni, spiccando il volo proprio da Lavilledieu. Così facendo aveva mantenuto una promessa fatta alla sua sorte, in nome di un incondizionato amore per il lato avventuroso della vita. Anche Baldabiou, come Hervè, avrebbe raggiunto prima o poi la vecchiaia, il preludio della morte in cui si inizia a curare la propria vita “con l’incontrollabile tenacia di un giardiniere al lavoro”. Nel romanzo tutto è descritto da Baricco con parole sempre magicamente accostate tra loro e intrecciate in un equilibrio dalla perfezione quasi sconcertante.“Seta “ è il romanzo in cui reale protagonista è la vita, intesa in modi diversi, vestita da tessuti che, come la seta, assumono diverse colorazioni, quello della camicia da notte di Hélène o del vestito della ragazza giapponese.
Quella descritta da Baricco è la vita cullata oppure osservata, distrutta o desiderata, fiabesca o troppo reale, adorata o ripudiata, ma pur sempre permeata dalla sua imprescindibile emozione, il cui eponimo è proprio l’amore appassionato, non fuggevole,ma secolare. Quando la durevolezza dei sentimenti lo desidera fortemente, scaturisce una passione autentica e dettata dal profondo, che per il suo potere primordiale, esercitato da sempre sull’animo umano, è l’unica che lo sconvolge realmente e fa della pioggia caduta, del lago della sua vita passata, un’unica malinconica “lieve” apoteosi d’amore tutta da contemplare, sempre.