Dettagli Recensione
La seduzione della conoscenza
“Trascrivo senza preoccupazioni di attualità. Negli anni in cui scoprivo il testo dell'abate di Vallet circolava la persuasione che si dovesse scrivere solo impegnandosi sul presente, e per cambiare il mondo. A dieci e più anni di distanza è ora consolazione dell'uomo di lettere (restituito alla sua altissima dignità) che si possa scrivere per puro amore di scrittura.”
Così affermava Umberto Eco nella prefazione a “Il nome della rosa”, il 5 gennaio 1980: “scrivere per puro amore di scrittura”, senza preoccuparsi dell'attualità, e consegnarci così un'opera che è diventata un classico della nostra Letterarura.
La voce narrante è quella di Adso da Melk, un monaco ormai anziano che, mentre sente approssimarsi l'ora della fine della sua vita terrena, rievoca, scrivendoli sulla pergamena, dei fatti che si svolsero nel 1327, quando era un giovane novizio e viaggiava per l'Italia insieme al suo maestro Guglielmo da Baskerville. Adso accompagna Guglielmo, un frate francescano di origini inglesi, in una delicata missione diplomatica che si sarebbe svolta in un'abbazia benedettina dell'Italia centro-settentrionale, della quale non viene riferito il nome, celebre soprattutto per la sua ricchissima biblioteca. L'abbazia sarebbe stata infatti il luogo d'incontro tra un gruppo di francescani seguaci dell'imperatore Ludovico il Bavaro e una delegazione proveniente dalla corte avignonese di papa Giovanni XXII. Ma quando Adso e Guglielmo arrivano sul posto scoprono che il monastero è stata funestato di recente da una morte violenta: un monaco giovane ma già famoso come maestro miniatore, Adelmo da Otranto, era stato trovato morto qualche giorno prima, precipitato in fondo ad un burrone. L'abate, avendo constatato le grandi doti logico deduttive di Guglielmo, gli chiede di indagare sull'accaduto. Ben presto il francescano si rende conto che tutto il mistero ruota attorno alla biblioteca del monastero, alla volontà di renderla inaccessibile e alla sete di conoscenza che invece divora i monaci. Le morti violente intanto continuano a susseguirsi durante i sette giorni della permanenza di Adso e Guglielmo all'abbazia. Il giovane novizio vivrà un bel po' di avventure memorabili, parteciperà a dibattiti teologici, filosofici, storici, conoscerà eretici, mistici, uomini di potere ed inquisitori e riuscirà anche ad innamorarsi in modo carnale e terreno.
“Il nome della rosa” è sicuramente una di quelle opere che è in grado di parlare al lettore ogni volta che la si legge o rilegge, al di là del tempo storico in cui è ambientata. Si tratta di un romanzo molto complesso, che presenta vari livelli di lettura: c'è la trama investigativa, il mistero da risolvere secondo deduzioni logiche, ci sono le dissertazioni e divagazioni sulla storia e sulla filosofia medievale, che in certi punti possono risultare un pochino troppo lunghe, ma che rendono questo romanzo unico e non paragonabile ad altri romanzi storici coevi, c'è un continuo gioco di citazioni colte ed erudite predisposto dall'autore. Su tutto però mi sembra che prevalga l'amore e il desiderio verso i libri, verso la cultura: la seduzione della conoscenza. Questo è il tema centrale del romanzo: il desiderio di apprendere, di sapere, di comprendere, di imparare: di leggere.
“ «Il bene di un libro sta nell'essere letto. Un libro è fatto di segni che parlano di altri segni, i quali a loro volta parlano delle cose. Senza un occhio che legga, un libro reca segni che non producono concetti, e quindi è muto. […]”
Il bene supremo è poter accedere alla conoscenza, il male supremo è costituito da chi la impedisce, da chi, pensando di essere l'unico portatore della verità, impedisce agli altri di poter liberamente conoscere.
“«Era la più grande biblioteca della cristianità,» disse Guglielmo. «Ora,» aggiunse, «l'Anticristo è veramente vicino perché nessuna sapienza gli farà più da barriera. D'altra parte ne abbiamo visto il volto questa notte.»
«Il volto di chi?» domandai stordito.
«Jorge, dico. In quel viso devastato dall'odio per la filosofia, ho visto per la prima volta il ritratto dell'Anticristo, che non viene dalle tribù di Giuda come vogliono i suoi annunciatori, né da un Paese lontano. L'Anticristo può nascere dalla stessa pietà, dall'eccessivo amor di Dio o della verità, come l'eretico nasce dal santo e l'indemoniato dal veggente. Temi, Adso, i profeti e coloro disposti a morire per la verità, ché di solito fan morire moltissimi con loro, spesso prima di loro, talvolta al posto loro. […]”
Come non riconoscere un'estrema attualità in queste parole proprio nei nostri tempi storici?
Eco voleva scrivere una storia lontana da noi, ma una storia di libri non può che riguardarci ancora.
Indicazioni utili
Commenti
8 risultati - visualizzati 1 - 8 |
Ordina
|
8 risultati - visualizzati 1 - 8 |