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“Niente era più atroce di un ricordo magnifico."
Guido e Costantino.
Da bambini crescono insieme ma distanti.
Guido mi ispira subito abbastanza antipatia, la sua casa, la sua famiglia, la sua domestica, la sua solitudine di bambino “privilegiato” che non vuol aver bisogno di nessuno se non delle persone che non hanno bisogno di lui.
Costantino è il figlio del portiere. Per raggiungere la sua abitazione bisogna scendere di un piano, tuttavia ti guarda da tuo pari, oppure ti ignora, oppure si prende ciò che vuole in quel momento.
Guido sembra lottare per costruirsi una personalità; Costantino idee ed azioni già chiare.
Guido così scortese, poco riconoscente, quasi già traditore. Costantino silenziosamente presente.
“E’ tuo fratello?
No, è un mio amico.
E quella parola mi risuonò così minuscola, così falsa. …”
Poi d’improvviso la tenerezza, il cambio di carattere, di sentimenti, di parole, di movimenti, di suoni, di odori. E’talmente repentino che non sono certa di riconoscerne il momento esatto e neanche chi ne sia l’artefice. Non sono certa che abbia spalle forti per sopportare tutto ciò.
“Vidi Costantino fermarsi e dondolare come se all'improvviso avesse perso l’equilibrio. Allora sentii che era ancora innamorato di me.
Che c’è?
Sei il ragazzo più bello che abbia mai visto.”
Le loro anime erano così trasparenti…
Londra. Dove “divertendoti potevi indagare le tue ossessioni, liberare le tue emozioni. Avevi la sensazione di poter scegliere un’altra identità da quella stabilita.”
Tutto nuovamente succede, tutto nuovamente cambia e anche se sembra impossibile il tempo scorre. E’così fastidioso questo scorrere del tempo.
“Ci guardammo e forse pensammo la stessa cosa.”
“Quello che diciamo non è quello che ascoltiamo. Quello che diciamo e ascoltiamo lo sappiamo solo noi. Perché adesso sento che lui è qui per me, che non è per caso. E se anche uscirà da quella porta, così com'è arrivato, incurvandosi in un taxi e salutando da lontano, io so che è venuto a cercarmi perché come me non ha dimenticato, come me ha avuto paura di morire senza avermi rivisto.
Ci guardiamo, e facciamo un piccolo sorriso nello stesso istante.
Fa quel sorriso ineguagliabile. Il sorriso della mia infanzia, di tutto l’amore dato e perduto, di tutti i capelli, di tutti i lavandini dove ci siamo lavati vicini.
Perché Costantino è stato mia madre, quel giorno quando mi prese e mi disse non guardare nel buio, guarda me, guarda questo splendore.”
Poi il passato ritorna, perché non è mai passato. E’ sempre rimasto lì. Ha atteso. Anche se potrà durare solo un istante, che non è un solo istante. E’ un momento sospeso nel tempo.
E’ crudele la Mazzantini. La conosco. La riconosco.
Sembra voler mettere alla prova la capacità di resistenza. Alti e bassi di felicità e sicurezze e rassicurazioni e porti sicuri ed eterni approdi ed improvvisi cedimenti di disperazione e distanze incolmabili non solo di spazio ma di tempo trascorso lontano e non più recuperabile, che sembra cambiarli, impaurirli, allontanarli. E’ un continuo svuotamento di tutto ciò che era loro. Neanche più la fragilità è bella. È tutto schiacciato da paura e risentimento ed egoismo.
“Quella privazione alla quale non avevo mai pensato adesso definiva la mia omosessualità.”
“Se qualcuno ci avesse visti avrebbe riso di noi, ci avrebbe trovati ridicoli, patetici, finocchi. Ma nessuno sapeva la verità, solo noi conoscevamo quella terribile nostalgia dell’amore, che era la nostalgia di noi stessi, della nostra anima profonda.”
“Dormiremo insieme, è questo che penso, che non c’è alcuna fretta perché dormiremo insieme. Sono millenni che non dormiamo insieme. Che non chiudiamo gli occhi vicini. Immagino una vita, la nostra, docile, accoppiata. Darsi la mano, fermarsi a comprare un po’ di viveri, aspettare la notte. Non voglio dovermi separare mai più. E’assurdo farlo.”
“Voglio essere me stesso, Guido. Adesso posso essere me stesso.”
Non so dire che sensazioni mi ha suscitato questo romanzo. Non piacevoli, non felici, di grande tristezza, di grande abbandono, di grandi rimpianti e di grandi rimorsi. Come vedere scorrere tutto davanti agli occhi e non riuscire ad afferrare più nulla.
Splendore. Potrebbe essere uno splendido splendore. Oppure una terribile prigione quando resta intrappolato dentro di noi e non abbiamo il coraggio di liberarlo e di viverlo…
“Chiedere è vergogna di un minuto, non chiedere è vergogna di una vita.”
“Ciao, ragazzo.
Il mio cuore batte così forte.
Ma tu non vergognarti del viaggio.”
Pensa alla bellezza.
Buone prossime letture.