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Il sogno della macchina da cucire
 
Il sogno della macchina da cucire 2018-11-21 10:52:07 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    21 Novembre, 2018
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Le sartine a giornata

Il sogno della macchina da cucire di Bianca Pitzorno è un libro fantastico, che mi ha affascinato tantissimo, uno sguardo vellutato e garbato, e preciso su un mondo che fu, ma che non smette mai di affascinare. Un narrato dolce, ma mai stucchevole. Sarà perché ho una mamma e una zia che da giovani hanno esercitato il mestiere della sarta, ma ne sono rimasta letteralmente conquistata. Infatti:
“Il tessuto di un tempo, ricamato di aneddoti e ricordi della nonna della scrittrice, viene orlato con maestria di un’autrice che ha fatto della chiarezza e della forza del messaggio suoi marchi di riconoscimento.”,
così ne parlano i critici, trovandomi perfettamente d’accordo.
Siamo a fine 800, al tempo in cui gli abiti venivano cuciti a mano, con tanto sacrificio da delle donne. E’ il periodo delle sartine a giornata, come la protagonista, nonché voce narrante, che andavano, appunto, a giornata a casa dei ricchi clienti a cucire ciò che occorreva loro. Non sempre ed esclusivamente confezionavano abiti, spesso cucivano lenzuola, biancheria intima, corredi da neonati e da spose, tovaglie… A volte ricamavano e rammendavano… E a volte ascoltavano tante storie di vita, intrecciando storie e speranze. Così è la vita della povera bambina che grazie alla nonna apprende un mestiere in grado di garantirle una certa sopravvivenza economica. Ma lei ha un sogno: la macchina da cucire. Quest’ultima per lei rappresenta un’invenzione capace di accrescere la sua stabilità economica, per cui:
“La manovella della macchina da cucire gira: ogni giro una storia, ogni storia una donna che lotta, ama, e spera.”.
Le storie sono tante: quella della marchesina Ester, che dopo aver avuto una figlia, abbandona il marito, va a cavallo, studia il greco e la meccanica, e sarà proprio lei a farle dono della macchina da cucire; poi Miss Lily Rose, giornalista americana che nel corsetto nasconde una pistola, dal tragico epilogo; e poi ancora le sorelle Provera e il loro scandalo che le vede protagoniste, così descritto:
“Del fatto che gli abiti erano stati confezionati in casa e non a Parigi, non si era accorto nessuno. (…) Ciò che aveva suscitato l’indignazione dei signori non era stata la confezione degli abiti, ma la stoffa, la bella seta dai disegni così esotici su cui le nostre dita si erano affaticate per un mese intero. Come mai? Perché l’avevano riconosciuta in molti come proveniente da un famoso luogo di peccato, una celebre casa di tolleranza della quale le loro sante mogli, e a maggior ragione la regina, non dovevano nemmeno sospettare l’esistenza.”
Una bellissima trama, ricca di personaggi abilmente descritti, che ha un po’ il sapore lontano dei feuilleton, ma che intriga anche per la sapienza narrativa con cui è comunicata. Una storia di riscatto scritta all’interno della macchina del tempo, dove non mancano il coraggio e le buone maniere. Affinchè i diritti di allora, al lavoro, alla libertà, siano anche in tutto e per tutto divenuti i diritti basilari di oggi e di domani.

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Consigliato a chi ha amato di Bianca Pitzorno, La bambinaia francese.
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