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Hai segnato l'Oriente finché c'è stata un'aurora..
Una storia che procede a ritroso reca in sé il senso della fine, qualcosa di già fatalmente vissuto che si racconta con un certo disincanto; e mentre nel disincanto l'amore soccombe, la morte, invece, trionfa.
Questo romanzo parla di vinti allo stesso modo in cui parla di sentimenti: la sfida, per il lettore, è raccogliere i vari pezzi disseminati - o forse persi - lungo un percorso che guarda al passato, cercando di ricostruire, comprendere le ragioni, risolvere interrogativi.
Davvero l'amore è la risposta, o è solo un'ulteriore domanda?
C'è Orlando, imbalsamatore carismatico inadatto al mondo, circondato dal muro di infelicità che ha eretto, geloso, si direbbe, dei suoi stessi fantasmi interiori. Un muro che l'amore intaccherà senza riuscire ad abbattere, puntellato com'è di fragilità inespugnabili.
C'è Clelia, l'utopista, la donna della sua vita, che inanella a testa alta fallimenti grazie ad un talento speciale per le cause perse.
Ci sono figli, coniugi, genitori, amici, amanti, personaggi delineati con pochi, efficaci tratti, stralci di esistenze raccontate tra flashback e salti in avanti.
E c'è, in filigrana, la passione controversa che lega Clelia e Orlando. Il loro sogno, invece, è chiaro: un appuntamento fissato in una terra senza tempo, sotto il candore di un mandorlo in fiore, in un passato dove ritrovarsi, se dovesse svanire la speranza di un futuro:
“Hai segnato l'Oriente finché c'è stata un'aurora...”.
Cronaca e fatti storici fanno da contrappunto ad una narrazione che procede al ritmo di un canto dolce come la promessa di un ritorno, amaro come un addio:
“T'assicuro c'ha tie solu bramo
Ca t'amo forte, t'amo, t'amo, t'amo”.
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