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I motivi della Resistenza
Il sentiero dei nidi di ragno è il primo romanzo di Italo Calvino, scritto nel 1947, cioè quando l’autore aveva 24 anni e già collaborava con la casa editrice Einaudi occupandosi dell’ufficio stampa e della pubblicità.
Chi pensa di leggere una delle sue straordinarie storie fantastiche si sbaglia, anche se, a tratti, emergono risvolti fiabeschi che stemperano la cruda realtà della vicenda, una sorta di neorealismo improntato tuttavia, pur con una sua autonomia, al verismo di Verga de I malavoglia.
La guerra è finita da poco, con tutti i suoi lutti e la sola esperienza positiva della resistenza, ma siamo in un’Italia che risorge dalle ceneri alimentando speranze, già in parte deluse.
E’ il periodo in cui finita la sbornia per la ritrovata libertà ci si interroga sul perché degli accadimenti passati, un percorso indispensabile per acquisire coscienza di ciò che è effettivamente accaduto e delle relative motivazioni.
In questo senso Il sentiero dei nidi di ragno è una splendida metafora dei reali motivi che stanno alla base della maggior parte di chi aderì alla resistenza, ma lo è anche per coloro che invece osteggiarono questo straordinario moto popolare.
Il personaggio principale è Pin, un bambino lasciato solo a se stesso, in condizioni di abbrutimento più morale che fisico e che cerca di essere prima del tempo adulto, non per una maturità raggiunta, ma per il desiderio di evadere dal suo squallido mondo.
Cattivo come può essere uno che non appartiene di fatto né all’infanzia, né alla pubertà, si atteggia a grande, rimanendo con l’esperienza di un bimbo.
In un’epoca di furore, di sangue e di rivolta giocherà alla resistenza, rimanendo sempre solo, senza veri amici, tranne uno, un adulto con la mentalità di un bambino, e con lui che assai probabilmente gli ha ucciso la sorella, meretrice collaborazionista dei tedeschi, si allontanerà nella notte, nel buio di una vita di cui nessuno dei due conosce ancora la strada.
E le motivazioni allora quali sono? Le spiega Kim, un giovane commissario politico: i partigiani combattono per un riscatto dal mondo di miseria e di abbrutimento, lo stesso in cui si trovano anche le camicie nere, ma mentre i primi lottano per spezzare le catene, i secondi si oppongono per mantenerle strette.
Sì, perché tutti i personaggi di questo bel romanzo, visti con affettuosa pietà dall’autore, sono dei vinti, tranne forse Kim che, a differenza degli altri, si pone tutti quei perché, le cui risposte daranno coscienza alla sua e alla loro partecipazione.
Scritto in modo scorrevole, dinamico, mai statico, ha già lo straordinario pregio di introdurre gradualmente alla riflessione, che diventa parte e scopo del testo, al punto che, se rimarranno indelebili nella memoria le figure di Pin, di Lupo Rosso, di Cugino e molti altri, finiremo con il porci anche noi le stesse domande e verremo condotti inconsapevolmente per mano a conoscere le risposte.
E’ forse superfluo che aggiunga che ne raccomando vivamente la lettura.
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