Dettagli Recensione
Esercizi d'inesistenza
Esercizi d'inesistenza. É questo ciò che ogni giorno prova a fare Leone, un bambino di soli sei anni, che ha da pochi mesi iniziato a frequentare la prima elementare. I suoi genitori sono separati e Leone vede il padre un venerdì ogni quindici giorni, per andare a cena in un anonimo Fast food e non dirsi niente, non avere un minimo scambio di sentimenti e neppure di comunicazione quotidiana. Con la madre Katia invece, Leone convive e quindi con lei esiste una relazione basata su momenti di vita vissuta insieme: anche se sono pochi e caratterizzati dalla fretta. La mamma di Leone è una donna sola, lasciata dal marito dopo solo un anno di matrimonio, non può contare sulla presenza di una famiglia d'origine perché aveva solo la madre, che è morta sei mesi prima. L'assenza della nonna pesa come un macigno sull'esistenza di Leone e su quella di Katia, il dolore causato dalla perdita e dal lutto viene negato, soffocato e quasi nascosto, come se i due in qualche modo se ne dovessero vergognare: non ne parlano apertamente l'uno con l'altra. Katia è profondamente triste, vive immersa nella sua solitudine, sopraffatta dagli innumerevoli impegni quotidiani; non sa e non riesce a comunicare con il proprio figlio.
Ciò che emerge dalla lettura dell'ultimo romanzo di Paola Mastrocola è il ritratto di una società, la nostra, che appare come un luogo malsano e malinconico: una somma di individui che rimangono tutti ben separati e distanti; ciascuno irrimediabilmente solo e triste, chiuso nella propria stanchezza e superficialità. Il quadro che esce tratteggiato dalla penna esperta dell'autrice è abbastanza desolato: un insieme di persone che non crede più in niente, che non è in grado di trovare uno scopo e di dare un valore profondo alla propria esistenza. Ci si accontenta di vivere seguendo lo stimolo di un'emozione o di una sensazione, come una nave che si disperde per il mare senza una meta da raggiungere.
Il piccolo Leone viene ad un certo punto bullizzato e deriso dai suoi compagni. I suoi genitori, la madre in particolare, si vergognano di ciò che sta facendo, lo rimproverano, iniziano seriamente a preoccuparsi. Volete sapere perché? Qual è l'atroce problema? Leone prega. Ha avuto un'educazione cristiana, sebbene la madre non ne abbia mai saputo nulla, dalla nonna, che è morta da pochi mesi. (E anche questo fa riflettere su quanto la nonna e la madre di Leone comunicassero tra loro). Insomma, il bambino crede a Gesù, lo prega e questo scatena una serie di problemi.
Mi sembra evidente quindi come il romanzo voglia denunciare una forte crisi di valori che senza dubbio caratterizza la nostra società. Non si può rimanere indifferenti di fronte a questo: una società che isola e ridicolizza un bambino perché prega? Ma che tipo di persone possono essere delle persone che fanno una cosa del genere? Degli esseri umani che non credono più in niente, che hanno rinunciato alla speranza, vuoti, e che vivono una vita senza senso: non ci si stupisce più di constatare quanto dolore, tristezza e solitudine animino le loro esistenze.
Il romanzo è caratterizzato da una narrazione che inizia come realistica ma a poco a poco e in modo sempre più marcato, diventa allegorica. Gli ultimi tre capitoli in particolare mi hanno lasciata spiazzata, intrisi di un realismo magico che trasforma la trama in una metafora. Non sono sicura di essere riuscita ad apprezzare pienamente questo finale.
In conclusione quindi, leggendo “Leone” abbiamo la possibilità di riflettere su quanto la vita di molte persone di oggi sia permeata da una dolorosa solitudine e di interrogarci sul perché avvenga questo. É una storia apparentemente semplice ma in realtà fortemente allegorica: una lettura che può soddisfare anche il lettore più esigente. Mi rimane solo un dubbio sulla scelta stilistica dell'autrice nel finale, ma naturalmente, si tratta solo della mia opinione personale.
Indicazioni utili
Commenti
4 risultati - visualizzati 1 - 4 |
Ordina
|
Un saluto
Un caro saluto,
Chiara
4 risultati - visualizzati 1 - 4 |