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La mamma, la stella (per) sempre più luminosa
Pietro vive a Milanox, un quartiere periferico di Milano talmente degradato che sembra più simile al Bronx che al capoluogo lombardo. Figlio di genitori lucani emigrati al Nord per lavoro, è un bambino che ha vissuto un'infanzia normale, se non fosse per la perdita della madre a soli dieci anni. Ora, di anni, ne ha quasi due in più, e siamo in estate: è tempo di partire con la sorellina Nina e di tornare dai nonni materni ad Arigliana per trascorrere le vacanze, quest'anno un po' diverse a causa della bocciatura scolastica.
Nel paesino ‘di cinquanta case di pietra e duecento abitanti’ sperduto in mezzo alle montagne della Basilicata, la vita è abulica di novità e scorre meccanicamente tra gite al torrente, comari impiccione, un palazzo abbandonato nel quale vive un fantasma e palloni calciati su strade impolverate, quando un giorno Pietro entra nella vecchia torre normanna e fa una scoperta che spezza questo equilibrio sonnacchioso in modo inesorabile: una “rivoluzione copernicana” che suscita in tutti, grandi e meno grandi, la sensazione di essere cambiati per sempre.
Un romanzo di formazione tragico e brillante, un percorso irto di spine e costellato di sorrisi in cui tematiche attuali vengono affrontate seguendo differenti punti di vista: il Diverso come ostacolo o come risorsa, la dicotomia tra le realtà fenomenica e noumenica che ci trasciniamo dietro da secoli di filosofia, la ricerca della felicità e il Desiderio come fine ultimo da perseguire.
Un viaggio profondo e capace di suscitare emozioni opposte fra loro, ma altresì capace di rimanere dentro e di riallinearti con il mondo, ed è proprio la voce autentica di un ragazzino a raccontare della fragilità dell’essere umano di fronte alla Vita e dell'affacciarsi all’età adulta conquistando il proprio fulgore con ostinata caparbietà.
Il linguaggio è semplice, privo di preziosismi e arricchito dall'ampio utilizzo del dialetto: siamo di fronte a una rustica rappresentazione del microcosmo verghiano, in cui ideologie, valori e mentalità, sebbene contestualizzate nel presente secolo, richiamano i Malavoglia e "invitano con prepotenza" a riflettere sui concetti di accoglienza e di accettazione.
La narrazione è imprecisa e lacunosa dal punto di vista storico-temporale, ma è una mancanza di secondaria importanza. Infatti, a colpire sono i toni decisi del giovane protagonista, il quale, nonostante la tenera età e la fragilità del contesto familiare, mette in mostra grande determinazione nei propri mezzi: la prematura scomparsa della madre "costringe" Pietro a rifugiarsi in un mondo parallelo in cui lei è ancora fisicamente presente e in cui l'aggrapparsi alla Vita è più di un semplice sogno di una notte di mezza estate. Un'estate lucana, dalle sfumature dolci e delicate, in cui il "solito" razzismo all'italiana si inserisce con prepotenza, condensando disprezzo e pregiudizio, e strizzando l'occhio ai soprusi, alle ritorsioni e al caporalato.
Una guerra inutile tra due categorie di "vinti" che sfocia nel più classico darwinismo sociale, ma che regala altresì un finale inaspettato.
Un inno al coraggio e all’anticonformismo, capace di parlare a tutti e ricco di azzeccate metafore del dolore che vogliono porci di fronte ai principi positivi e alle ombre meschine del nostro mondo.
Il fine ultimo è tanto sintetico quanto incisivo:
‘Ti insegneranno a non splendere. E tu splendi, invece.’