Dettagli Recensione
Nelle latebre occhialute
Ne Le vite potenziali di Francesco Targhetta, romanzo finalista al Campiello 2018, tra Alberto, Luciano e Giorgio – rispettivamente fondatore, programmatore e direttore commerciale della Albecom di Mestre – le mie simpatie vanno al nerd Luciano (“A lui interessava programmare, non aprire aziende”). L’antitesi umana dello sportivo Fulvio (“I ragazzi come lui erano pochi nelle aziende informatiche, dove per lo più si annidavano persone del tipo opposto, rifugiatesi lì nella convinzione di poter evitare lo scontro con le proprie eterne nemesi: anche nelle latebre occhialute, invece, arrivavano esemplari dell’umanità oppressiva e machista, quella che gli individui come Luciano avevano cercato di scansare fin dall’asilo…”), che ha inguaiato Matilde… Sembra il gioco delle figurine, una tira l’altra. Peccato che – tra queste figurine – uno rischia di smarrirsi.
Così come si rischia di perdersi tra le considerazioni, spesso estrinseche (“Ma sono persone che vivono nelle commessure, gli architetti, persone che mediano, che lavorano tra le linee, come i trequartisti migliori, che infatti sono sempre tribolati, guardinghi, hanno visi di patimento”), che non giovano alla narrazione e non creano affezione nel lettore, magari originariamente interessato a un romanzo critico su professioni (“Il lavoro di un programmatore risulta agli occhi altrui tedio puro, trattandosi di un paziente gioco di enigmistica al quale partecipano solo lui e il computer”), dinamiche (“L’e-commerce, ti spiego, si basa sulla delocalizzazione e sulla desincronizzazione, cioè: rende possibili acquisti immediati di oggetti lontani che non puoi avere tra le mani subito”) e tipologie umane caratteristiche dell’attuale società tecnocratica e informatizzata.
Giudizio finale: un po’ bislacco e un po’ involuto. Le vicende esistenziali dei protagonisti sfumano dietro un eccesso di dettagli e di retorica che annebbiano la vista.
Bruno Elpis
Indicazioni utili
- sì
- no