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Le madri perdute
Era da tempo che volevo leggere questo libro. Dopotutto, durante i miei giri in libreria sembrava attirarmi a sé in tutti i modi: la sua ubiquità, la copertina con quella ragazzina dallo sguardo magnetico, il titolo particolare, la fascetta del Premio Campiello; tutto sembrava gridare nella mia direzione: "Comprami! Leggimi!". Alla fine l'ho fatto, per dirvi quanto possa essere importante per un libro anche il modo in cui ti viene messo davanti agli occhi. Quando l'ho iniziato, infatti, non ero ben consapevole di cosa stessi andando a leggere, l'ho scoperto pian piano.
Poi ho scoperto che l'Arminuta è una parola del dialetto abruzzese che sta per "La ritornata". Quello di Donatella di Pietrantonio, infatti, è la storia di un ritorno e di un abbandono (o forse più di uno?). Lo stile dell'autrice è sicuramente particolare, che in certi tratti si avvale del dialetto abruzzese per caratterizzare la storia e dare un tocco di unicità all'ambiente e ai personaggi, senza mai risultare incomprensibile né richiedere un impegno particolare.
La cosa che più mi ha affascinato, tuttavia, sono i legami che l'autrice crea tra i personaggi: ben descritti, ben differenziati in base alle persone legate, credo siano il vero punto di forza di questa storia. Non si può non provare empatia e tenerezza per il rapporto che si crea tra la nostra protagonista e la sua "nuova" sorella; un rapporto d'amore sincero germogliato nel bel mezzo della lordura: "un fiore improbabile, cresciuto su un piccolo grumo di terra attaccato alla roccia".
Sono convinto, tuttavia, che questa storia possa emozionare di più le persone che hanno vissuto traumatici abbandoni; persone che siano maggiormente in grado di immedesimarsi nella protagonista e provare empatia per lei. Ecco, credo che questa sia quello che distingue un buon libro (quale è L'Arminuta) da un capolavoro: il grande scrittore si vede da come riesce a raccontare qualcosa in modo che il lettore la senta sua, anche se è un'esperienza che non ha mai vissuto. Molti grandi scrittori del passato erano d'accordo su quest'aspetto e anch'io, da lettore, sono d'accordo. Questo è quel che manca a "L'arminuta".
Inoltre, ho avuto anche qualche perplessità a livello narrativo, soprattutto per quanto riguarda i comportamenti di alcuni personaggi, in particolar modo la madre adottiva della protagonista.
La nostra protagonista è una ragazzina che, improvvisamente, è costretta a tornare dalla sua vera madre. Sì, perché la sua vera madre (che aveva già fin troppe bocche da sfamare), l'aveva affidata a una sua parente che non era in grado di avere figli. Ma adesso le cose sono cambiate; la sua famiglia adottiva non può più tenerla per motivi misteriosi (che scopriremo verso la fine) e la nostra protagonista è costretta a tornare dalla sua "vera" famiglia. Peccato che le cose siano molto diverse dal passato. Abituata a vivere in mezzo agli agi, a ricevere un'ottima educazione e a godersi il mare e la parte migliore della città, adesso l'arminuta si ritroverà a vivere di stenti. Il cibo è una rarità, l'igiene piuttosto precario, mentre l'affetto è una cosa di cui si deve fare praticamente a meno. La sua vera famiglia non è quello che si definirebbe un tranquillo focolare, bensì un gruppo di persone riunite tra quattro mura scrostate in cui ci si guadagna ogni cosa col duro lavoro e in cui la disciplina è impartita a suon di ceffoni.
Nulla si salva in quell'ambiente; nulla, a parte quel fiore cresciuto nell'oscurità e che rappresenta l'unico vero tesoro in un mare di melma.
"Nel tempo ho perso anche quell'idea confusa di normalità e oggi davvero ignoro che luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza. È un vuoto persistente, che conosco ma non supero. Gira la testa a guardarci dentro. Un paesaggio desolato che di notte toglie il sonno e fabbrica incubi nel poco che lascia. La sola madre che non ho mai perduto è quella delle mie paure."
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Commenti
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Credo sia una lettura che può piacere e anche tanto, ma credo che più di altre sia soggetta al gusto personale. Io l'ho apprezzata, ma non tanto da innalzarla a capolavoro; tuttavia non troverei aliena un'opinone che metta questo romanzo su di un piedistallo...
Vale.
Vale.
Sul fatto che sia un libro coinvolgente, sono d'accordo riguardo al fatto che ti prende, ma senza chiamare in causa troppe emozioni. Ripeto, questo vale per me :)
Vale.
Vale.
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