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Vivere e non sopravvivere
Ciascuno di noi cerca di dare un senso alla propria vita: c'è chi lo fa attraverso gli altri, le persone che incontrerà durante il breve o lungo percorso, e chi invece, esclusivamente tramite la propria aspettativa e personale realizzazione.
Insomma, ognuno di noi ha il proprio modo di trovare la felicità (o anche l'infelicità) e, non volendo considerare le intriganti ma difficili teorie filosofiche sull'argomento, direi che la cosa più semplice, banale ma anche veritiera è che, la vita, di fatto, non ha uno scopo ben preciso se non quello dello stesso vivere.
Ed ecco questo romanzo di Elisabetta Sabato dal titolo emblematico, “Vite fragili”, ci offre la possibilità di saggiare le diverse sfaccettature della vita tramite le vicende di una folta schiera di personaggi, alcuni costretti a vivere sotto l'oppressione di una maschera, altri ancora intrisi di sofferenze e sogni di un'esistenza migliore.
Nel corso della lettura si potranno sperimentare svariate emozioni umane, forti e spesso contrastanti: si parte da Alice che con la sua enorme voglia di farcela e l'ambizioso progetto di realizzare Villa Guastilla assieme al marito ci farà sognare e ben sperare in un positivo risvolto del fato, per poi passare alla crudeltà e alla cattiveria gratuita di certi altri loschi individui che vivono i loro giorni di macchinazioni e inganni, Nina e Linda, e infine sfociare in un tema ancora più forte, quello del male totalizzante e distruttivo che si configura nella pazzia, con Hamide, maestra d'asilo perfida e violenta cui non basterà pagare con il carcere per rientrare nei ranghi della quotidianità ma si macchierà ancora di una grave colpa che porterà ad un amaro epilogo.