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Il volto familiare del male
“ «Piantala con questi mostri, Michele. I mostri non esistono. I fantasmi, i lupi mannari, le streghe sono fesserie inventate per mettere paura ai creduloni come te. Devi avere paura degli uomini, non dei mostri», mi aveva detto papà un giorno che gli avevo chiesto se i mostri potevano respirare sott'acqua.”
Michele è un bambino di nove anni, vive in una minuscola frazione composta da quattro case, da qualche parte nel Sud Italia. Siamo nel 1978. In quella torrida estate, fra corse in bicicletta fra i campi di grano, giochi fra coetanei e penitenze da scontare, Michele si renderà conto, attraverso il suo personale vissuto, che i mostri, come se li era immaginati nella sua mente di bambino, non esistono, ma ci sono esseri peggiori purtroppo: gli uomini.
Il nostro protagonista è puro come solo i bambini possono essere e, alla luce di questo, riesce ad opporsi alla malvagità. Nonostante il male non sia lontano, confuso ed inafferrabile: il male è vicinissimo, concreto, ha il volto delle persone familiari, anche di quelle più importanti e più amate. Si può in questa condizione trovare il coraggio di schierarsi con il più debole, di scegliere il bene? Ammaniti riesce a metterci tutto questo davanti in modo realistico e naturale ma facendoci nello stesso tempo intuire con ogni parola la portata sconvolgente di una situazione del genere.
E' un meccanismo potenzialmente esplosivo ma funziona benissimo perché vissuto e narrato attraverso la voce, gli occhi e la coscienza di un bambino: l'unico che poteva incarnare il protagonista-eroe di quest'opera.
Un romanzo di formazione particolare, estremamente attuale, scritto con uno stile essenziale e allo stesso tempo coinvolgente, che, secondo me, può essere definito come un piccolo capolavoro letterario.
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