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Il coraggio di splendere
Delicato, commovente, amaro, profondo. Semplicemente, bello. L’ultimo romanzo di Giuseppe Catozzella affronta temi difficili e dolorosi; parla di crescita e Sud, di diversità e pregiudizio, di lutto e ingiustizia, ma lo fa in punta di piedi, con una tenerezza e una semplicità che sono un balsamo per il cuore. E ci regala un invito, per la vita: “Ti insegneranno a non splendere. E tu splendi, invece”.
E’ la voce del piccolo Pietro a raccontarci in prima persona la sua estate dei dodici anni. La prima estate da quando la mamma è morta, andandosene ad abitare dentro di lui. La prima estate trascorsa interamente dai nonni ad Arigliana, quel piccolo paese di polvere e sassi, arroccato sulle montagne della Lucania, da cui i suoi genitori sono emigrati tanti anni prima. La memorabile estate in cui ha trovato, nascosta tra le mura della vecchia torre normanna, una famiglia di migranti.
La scoperta di questi stranieri sconvolge la vita del paese. Quelle stesse famiglie che negli anni avevano visto partire schiere di figli e amici in cerca di fortuna, ora si trincerano dietro una cortina di diffidenza e di paura. E’ facile per la miseria prendersela con altra miseria, a protezione del proprio fazzoletto di terra e del proprio tozzo di pane. E’ facile per i veri sfruttatori approfittare del buio dell’odio a vantaggio dei propri interessi. E’ proprio in questi momenti, invece, che si deve trovare il coraggio di splendere.
Splendere è inseguire una speranza di rinascita, portare avanti i propri ideali, provare a cambiare le cose. Anche a costo di andare incontro alla delusione e alla sofferenza, perché è proprio quando il mondo appare più oscuro e sarebbe così facile accettare passivamente le brutture e le ingiustizie, che si deve cercare dentro di sé la luce per splendere. Che non è vincere.
Ottima prova di scrittura per questo giovane autore, dotato di una penna chiara, morbida e avvolgente. La forma espressiva del romanzo è volutamente molto semplice, come di solito lo è il linguaggio dei ragazzini. Il mondo degli adulti, dei miserabili, dei corrotti è infatti sempre filtrato attraverso l’ingenuità e lo stupore di una voce che sa essere tenera e scanzonata, fragile e coraggiosa, leggiadra e sofferente. La voce di un bambino che affronta per la prima volta la vita.
Pur trattando di temi civili quantomai attuali, quali diversità, immigrazione e accoglienza, la narrazione evita i facili moralismi, ma fa assaporare genuinità, naturalezza e tanta emozione. Tra lacrime e sorrisi, è una storia da leggere tutta d'un fiato, fermandosi solamente all'ultima riga per riflettere su noi stessi e il nostro presente.
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"Splendere è inseguire una speranza di rinascita, portare avanti i propri ideali, provare a cambiare le cose. Anche a costo di andare incontro alla delusione e alla sofferenza, perché è proprio quando il mondo appare più oscuro e sarebbe così facile accettare passivamente le brutture e le ingiustizie, che si deve cercare dentro di sé la luce per splendere. Che non è vincere."
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