Dettagli Recensione
Una ghostwriter darkettona, misantropa e spara-bat
L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome Alice Basso, 2015
Sono indietro di una vita sulle recensioni dell’anno (questo è il precedente), vado un po’ random, da qualcosa devo cominciare e parto quindi da una “minicondivisa all female” che mi ha permesso di fare la conoscenza di Alice Basso e della sua “creatura” Vani Sarca.
Cominciamo con il dire che la lettura è stata piacevole e veloce. Vani (Silvana Cassandra) fa la ghostwriter, vale a dire che scrive i libri di personaggi che hanno sì una storia interessante da raccontare, ma non le qualità letterarie per farlo.
Come fa?
Li studia, osserva come parlano, come si muovono, che tipi sono, che lessico usano… si documenta sulle loro abilità (dalla neurochirurgia alla cucina, dalla papirologia agli… angeli) et voilà! Riesce ad assorbirne le caratteristiche e a creare libri che non solo “vendono”, ma sono anche “simili” (in meglio) ai loro autori. Insomma, lei ha questo “dono” qui.
Intorno all’idea della gosthwriter, l’autrice costruisce un personaggio bizzarro di ex giovane, darkettona, misantropa, spara-battute-a-raffica (in genere nell’intimo della sua scatola cranica e ad esclusivo beneficio di noi lettori), un’ambientazione simpatica (il mondo dell’editoria torinese), situazioni godibili e un paio di ben riusciti ammiccamenti a chi ama i libri e la scrittura.
Perché funziona?
Perché Alice Basso/Vani Sarca riempie le pagine di battute agili e veloci ("L’adolescenza è una fottuta malattia cronica, e più sei grande più le recidive sono devastanti, fino a che non si muore schiantati dal senso del ridicolo"), di crescendo piccoli (“Associazione al delinquere morale? Favoreggiamento di bastardo? Spaccio di senso di colpa?”) di crescendo grandi ("Cristo santo, tanto varrebbe mettersi con un orso bruno. (…) Quindi capisco che possa sembrare che Riccardo abbia puntato a qualcosa di più serio. Però ci stiamo dimenticando che io ho anche un gran bel carattere di merda. Lo so io, lo sa Riccardo, lo sanno tutti. Probabilmente, se c’è vita su Marte, lo sanno anche lì: nel bacino di Hellas, il giorno che impareranno a decifrare la scrittura dei marziani, vedranno inciso a chiare lettere: Vani Sarca ha un carattere di merda.") e tout court si fa volere bene, anche perché, forse sfruttando le camaleontiche doti della sua personaggia, riesce a raccontarti pure qualcosa di te, manco fosse stata lì a vedere (di me? Questo:
“Tu sei grande e matura. Col cervello che hai, dovresti capire che da te si pretende qualcosa di più. E degnaci di un sorrisino, magari, qualche volta, che non muore nessuno».
Che palle.") Poteva tranquillamente essere il salotto dei miei.
Poi ci sono i due bei tenebrosi della storia, Riccardo e soprattutto il commissario Berganza, che inanellano, rispettivamente, il meglio della letteratura americana e il meglio della letteratura giallo/noir internazionale e nazionale (Tanto per. Berganza pare Marlowe e cita il Lamberti di Scerbanenco. Che gli vuoi dire?). Aggiungiamo una trama blandamente crime, qualche personaggio di contorno che faccia risaltare la bizzarria di Vani (Enrico) e il suo essere – sotto sotto – un cuor d’oro (Morgana) e gli ingredienti ci sono tutti.
Come si diceva, chi ama lettura e scrittura ci compra con poco.
La citazione, la battuta, la situazione.
La scrittura fluida. L’ammicco e la risata intelligente.
L’autrice riesce nel non facile compito di non far degenerare il tutto in macchiettismo e assurdità. Perché la storia non è verosimile, Vani ogni tanto sembra il mix arguto di Holmes, House e Poirot, però è anche goffa da far paura, prende delle tramvate mica da ridere e quindi bilancia.
Ecco.
Un lavoro ben equilibrato e godibile. Della durata giusta.
So cosa ho letto e sono contenta di averlo fatto.