Dettagli Recensione
Romanzo che stride
Dopo ben dieci anni, durante i quali ha sperimentato altre forme di scrittura, Paolo Giordano ritorna con Divorare il cielo, romanzo attesissimo e carico di aspettative. Sarà in grado di reggere il confronto con La solitudine dei numeri primi?
Siamo in una masseria pugliese, a Speziale, dove tre ragazzi, Bern, Tommaso e Nicola, vengono allevati dal loro padre-mentore Cesare. Cesare che cresce questi tre ragazzi secondo i dettami della religione: Dio, reincarnazione, peccato.
Ben presto arriverà Teresa, torinese, che ogni anno si reca in vacanza in quella terra. A poco a poco Teresa diventerà parte di quel gruppo di ragazzi quasi fratelli, e condivide con loro i turbamenti adolescenziali, e poi le difficoltà della vita adulta. Tra Bern e Teresa subito si instaura un legame particolare, intimo, che non sfuggirà agli occhi degli altri, ma soprattutto non sfuggirà a Tommaso.
Per i successivi vent’anni saranno tutti insieme, intenti a coltivare il proprio sogno.
Una volta entrati nella storia, il libro scorre abbastanza velocemente. Quello che non mi ha convinta è stato il modo in cui gli eventi vengono raccontati. Tra le parti che compongono il romanzo c’è discordanza, distanza, discontinuità e se si perde il filo del racconto diventa poi difficile ricostruire gli eventi.
A mio parere riesce difficile farsi coinvolgere dalle vicende, anche se la narrazione scorre senza intoppi. A fine lettura ne sono uscita con una sensazione di vuoto immenso, che mai nessun libro mi aveva lasciato. Non sono riuscita a trovare il messaggio che l’autore ha voluto comunicare, sono stati affrontati molti argomenti, ma con superficialità. Il finale poi mi ha spiazzata, a mio avviso l’ho trovato inutile, superfluo. Un finale certamente ad effetto, ma stona con l’intera vicenda.
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