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"Catrame"
Duro e rabbioso, disilluso e amaramente ironico, “Il maestro di Vigevano” è un romanzo che non può passare inosservato. La penna di Lucio Mastronardi ci racconta una vicenda sullo sfondo della Lomellina, in provincia di Pavia, negli anni del boom economico, quando il tanto agognato benessere era sì diffuso ma, a conti fatti, non a portata di tutti.
Antonio Mombelli, maestro elementare con moglie e figlio a carico, è uno di coloro che, per mancanza di opportunità o di coraggio, sono rimasti esclusi da quell'agiatezza che trasforma in padrone ricco e rispettato persino l'uomo più rozzo e ignorante, mentre la città di Vigevano si affolla di grandi, piccole e piccolissime aziende artigiane operanti soprattutto nel settore delle calzature. La cultura invece non paga e lo stesso protagonista mantiene la famiglia con uno stipendio da fame, a cui si sommano gli esigui guadagni derivanti dalle lezioni private, nell'attesa degli assillanti scatti di coefficiente che portino alla pensione. Intanto, sua moglie Ada, sempre più insofferente a tutte le privazioni che la costringono, tra le varie cose, ad andare in giro con la biancheria intima rattoppata alla bell'e meglio, desidera una vita diversa e s'intestardisce a voler lavorare in fabbrica; Mombelli, però, ferito nell'orgoglio, non sopporta l'idea di vedere lei operaia né il figlio Rino garzone, per il quale sogna una futura carriera da impiegato di gruppo A.
Quello che lui chiama “catrame”, cioè una sorta di decoro piccolo borghese che impregna la gente e impone che la moglie di un maestro di scuola, così come quella del più pidocchioso dei borghesi, non debba lavorare fuori casa perché “chissà cosa dirà la gente!”, gli fa vivere il tutto con estremo disagio, anche per il fatto che lei possa guadagnare di più. È proprio questo subdolo “catrame” che ricorre spesso nella narrazione, tracciando un impietoso ritratto della società dell'epoca, piena di ipocrisia, bigottismo, perbenismo di pura facciata.
Con una scrittura vivace, introspettiva e capace di abbandonarsi a riflessioni d'una profondità a tratti sconcertante, l'autore dà vita a una storia drammatica che non risparmia niente e nessuno, nemmeno il mondo della scuola, tra queste pagine messo alla berlina per le sue logiche ottuse e talvolta spietate. Maestro elementare egli stesso, Mastronardi morì suicida nel 1979, come uno dei personaggi minori di questo suo romanzo. “Il maestro di Vigevano”, notato a suo tempo da Italo Calvino, era stato pubblicato da Einaudi nel '62; l'anno successivo ne era stato tratto un bel film interpretato da un sempre grande Alberto Sordi per la regia di Elio Petri. Consiglio, eventualmente, di guardare la trasposizione cinematografica dopo aver letto il libro. Davvero una bella scoperta, Lucio Mastronardi, autore forse rimasto un po' nell'ombra con il passare degli anni e meritevole di maggior attenzione.
“Cammino mentre dolce scende la sera; e la luna sale; ecco qui davanti a me il lungo corso Milano, pieno di biciclette e macchine e gente che si muove corre fila; quel muoversi filare e correre è il senso della loro vita; il significato di vita, penso. E il mio camminare ha pure un significato, penso. Ma non so quale significato attribuirgli a questo camminare. Forse perchè quel correre di quella gente fa capo a qualche cosa, a qualche azione e io invece cammino senza una meta... Penso ai soldi.”
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In seguito, vorrei leggere anche altro di Mastronardi :)
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