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Come Venere e Giove
Perfetto è ciò che scaturisce dal caso e si distingue dal caos cosmico, in uno stato di grazia destinato a non durare, ma che si rievoca sempre con nostalgia.
Perfetto può essere a volte il rapporto tra due esseri umani, un uomo e una donna, distanti come due pianeti diversi tra loro per velocità, densità e rotazione, eppure in qualche modo affini, perché la loro congiunzione li fa splendere magnificamente.
Come Venere e Giove, e come Eleonora e Marco, che si incontrano e si riconoscono malgrado background familiari agli antipodi: l’infanzia irrisolta di lei, senza amici e con una madre ipercritica, e quella di lui, cresciuto in una “sana” famiglia meridionale guidata da una figura paterna solida e rassicurante.
“L’aria profuma di fiori, ma il cielo è coperto da nuvole spesse”: ciò che li avvicina – un senso recondito di perdita inesorabile fra l’indifferenza delle cose – finirà paradossalmente per allontanarli nel corso degli anni, creando un buco nero di ostile incomunicabilità dove vanno a finire tutte le buone intenzioni.
In mezzo a un’umanità infelice e tragicomica come le marionette generate dall’estro creativo di Eleonora – figura femminile intensa tratteggiata a tinte tenui – si dipana una storia d’amore che sembra essere giunta al capolinea, ammorbata dal “veleno a piccole dosi” della quotidianità.
Ma forse si tratta solo di una sosta, che porterà a sciogliere certi nodi del passato per giungere ad una nuova, catartica consapevolezza: vale sempre la pena lottare per superare le divergenze e tornare a brillare come stelle, tenendosi per mano.