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Polveri bagnate per Andrea Vitali
In questo romanzo c’è il Maresciallo dei Reali Carabinieri Maccadò, il che dovrebbe essere una garanzia per un’opera di una certa piacevolezza, ma purtroppo non è così. E pensare che Vitali era partito bene, con il nostro maresciallo in attesa del primo figlio di cui desidera conoscere in anticipo il sesso e allora è tutta una serie di segnali che vengono riportati per arrivare allo scopo, tutti ovviamente privi di fondamento scientifico. Maschio sarà e nella circostanza dei giorni immediatamente successivi alla nascita Maccadò prende un periodo di ferie e la sua quasi latitanza, nonostante la presenza del brigadiere Mannu e dell’appuntato Misfatti, che sono sempre state due garanzie, finisce con l’ammosciare la narrazione, che l’autore cerca di ravvivare con una serie di lettere anonime che intendono denigrare, in termini boccaceschi, Don Sisto Secchia, il coadiutore del prevosto. Inoltre, sempre con il fine di dare fiato a un lavoro che comincia a perdere colpi, Vitali fa accentuare i contrasti fra Mannu e Misfatti, ma commette l’errore di incardinare il romanzo sugli stessi e francamente questa inimicizia finisce con il diventare noiosa, affossando del tutto quanto invece si era proposto di far riemergere. In questo modo l’opera si trascina stancamente, fra uno sbadiglio e l’altro, fino alla fine che, come d’obbligo, vede tutti felici e contenti, compreso il lettore che finalmente si è tolto dallo stomaco un mattone. E’ un peccato, ma quando si scrive tanto, con l’intenzione di far volume e non sostanza, queste cose possono accadere.
Si può leggere Quattro sberle benedette, ma è veramente una gran fatica.
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