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Un’innocente puttanella
Leggo, riguardo a quest’opera, che si è aggiudicata il premio Strega edizione 1993 e immediatamente penso che probabilmente gli altri romanzi in concorso dovevano essere assai modesti, perché Ninfa plebea non è quello che comunemente, a proposito di grandi libri, viene definito un capolavoro, anzi ritengo personalmente che si tratti un qualcosa che si elevi assai di poco sulla mediocrità. Posso capire che l’autore abbia voluto descrivere un certo tipo di vita presente in passato nel nostro paese, soprattutto in meridione, ma nella vicenda di Miluzza che si dona con spontanea innocenza ravviso degli eccessi che rasentano, più che l’erotismo, l’oscenità, con quell’insistere sulle caratteristiche degli organi sessuali maschili e femminili con una costanza quasi maniacale. Se la descrizione della mitica città di Fofi è la parte migliore del romanzo, la vicenda in se stessa pare quasi una sceneggiata napoletana, con questa adolescente che coltiva le sue pulsioni sessuali con spensieratezza, in un’esistenza segnata dalle morti della madre a seguito di un amplesso quasi feroce, del padre che, in un vespaio di maschi libidinosi è un pesce fuor d’acqua e forse un impotente, del nonno dal passato di grande amatore e a seguire con il contorno della seconda guerra mondiale grazie alla quale troverà il vero amore che la porterà all’altare. Miluzza, che senza farsi troppi problemi s’accompagna anche con donne, che si dona a chiunque come se fosse la cosa più naturale di questo mondo, che piano piano, quando di lei si incapriccerà un ricco e anziano imprenditore, viene considerata dalla gente una disprezzabile puttana, è in effetti una creatura incapace di comprendere il significato della parola trasgressione, è quel si potrebbe dire, insomma, un’innocente puttanella. Se la trama è debole, mi sarei atteso almeno una ragazza battagliera, e non remissiva, ma quel che stona più che altro è purtroppo un continuo ricorso a descrizioni di atti sessuali che francamente costituiscono un’esagerazione e che fanno di un romanzo che, altrimenti strutturato avrebbe costituito un pregevole affresco di un’epoca e di una certa mentalità, un irritante tentativo di rappresentare una ninfomane, tipo la Lolita di Nabokov, in salsa nostrana, ma senza la comicità e l’ironia della commedia all’italiana, bensì in un un continuo ravvivarsi di una libidine che sfocia talora nella pornografia.
Da non far leggere ai minori, lasciando ai maggiorenni la possibilità di decidere, ma con l’avvertenza che Ninfa plebea da romanzo che vorrebbe essere sull’amore è invece senza amore.
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Commenti
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Già il titolo m'era parso brutto, e non ho mai provato alcun interesse per l'autore.
Da quanto tempo lo Strega non premia un libro di alto valore letterario?!