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Il fine giustifica i mezzi?
La Murgia affronta con uno stile molto particolare e personale un tema moderno ma evidentemente presente nei tempi addietro senza tutto il dibattito etico sulla giustezza dell’atto che invece contraddistingue le pagine di oggi. Si sa che nel passato anche recente alcune attitudini o comportamenti che erano socialmente accettate più o meno in maniera esposta, nei tempi moderni suscitano dibattito ed indignazione; è il risultato del progresso e dello sviluppo, chiamiamolo culturale, della nostra società. Oggi farebbe senz’altro specie pensare ad una donna che si raggira di notte chiamata dai familiari di un malato terminale a fare quello che non tutti avrebbero il coraggio di fare, ossia “finire” il povero essere umano ed aiutarlo a traghettare verso l’altro mondo; la nostra accabadora (dal termine spagnolo acabar “terminare”) utilizza un cuscino plausibilmente, ma se si legge la storia sarda di queste accabadore esistevano (o esistono?) strumenti anche più macabri. Ma alla fine, a parte il mezzo, qual è la differenza con il rivolgersi ad una clinica svizzera? Il confine tra il bene e il male è fine; ovviamente mi distacco totalmente dalla volontà di esprimere un giudizio, certo è che Maria, fill’e anima della nostra Bonaria fa fatica a comprendere un po’ per la sua giovane età un po’ per il senso di tradimento che prova. Una storia che parte da qui ma che poi si evolve in tutt’altro modo che non mi aspettavo, perché ero convinta man mano che proseguivo nella lettura che la Murgia volesse approfondire il tema, invece rimane in superficie, si limita al racconto dei fatti con un certo distacco, prova alla fine a ricongiungere il quadro ma a mio parere non ci riesce. Un altro tema bellissimo che affronta è proprio la fill’e anima, già il termine di per se evoca una vicinanza non materiale e fisica, quindi non figlia biologica ma figlia dell’anima, un concetto bellissimo e romantico; forse vale doppio, la scelta di avere un figlio supera anche qui il mezzo per ottenerlo che sia fisico e naturale, che sia acquisendo una figlia/o di un terzo per dare a lei/lui una seconda possibilità hanno lo stesso valore se non maggiore nel secondo caso; e nella nostra storia senza dubbio maggiore, la nostra Bonaria sceglie proprio lei , non vuole un’altra, ma quella bimba che sente il bisogno di aiutare. Un’esaltazione dell’amore filiale!
Lo stile della Murgia è davvero interessante, le tematiche impegnative ma non abbastanza approfondite; avrebbe potuto dilungarsi molto di più, una storia troppo breve per la profondità dei concetti che lei stessa ha voluto prendere in esame. Mi aspettavo qualcosa di più, ma sicuramente leggerò altro dell’autrice.
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Ma poi amche la parte della sua "passione" per il ragazzo quando ne era la babysitter l'ho trovata fuori contesto..lo salvo perchè in realtà il suo stile mi è piaciuto molto, e l'idea iniziale molto bella, leggerò dell'altro e vedremo.
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Su questo romanzo sono più severo di te. L'ho trovato piuttosto raffazzonato, con delle parti stilisticamente brutte. Mi ha pure infastidito la sua, penso frettolosa, pubblicazione quando era in atto un forte dibattito sull'eutanasia : una tempestività che m'è parsa sospetta, assai inopportuna per una letterata.