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Il significato intrinseco della lontananza
Paolo Pecere, ricercatore universitario,autore di molte pubblicazioni accademiche, si avventura ora con il suo primo romanzo La vita lontana.
Il libro consta di un breve prologo e di quattro sezioni. La storia narra di una famiglia: una madre, un padre e due gemelli, Marzio e Livio. Il padre, all’apparenza normale, va in crisi con la società intera, e si trasferisce in India, abbandonando a se stessa la propria famiglia, per dedicarsi alla religione Jainista. Dora è la voce narrante, giovane insegnante precaria, intelligente e colta, incarna bene la caratterizzazione borghese di provincia. Giovane si trasferisce a Roma perché oppressa dai genitori, incontra Elio, giovane figlio di uno stimato chirurgo. Dalla loro unione nascono due gemelli, ma lui la abbandona. Marzio, fisico atletico, si rivela malleabile e molto amato dai compagni; mentre Livio, malaticcio, è poco amato dai coetanei ma è molto studioso. Così Dora si ritrova impegnata nella cura e nella crescita dei due figli, venendo spesso a patti con la sua solitudine.
La vita Lontana impersona bene il significato della lontananza, sia quella geografica che quella affettiva. Per primo di un padre che abbandona la famiglia, ma anche quella della madre che una volta abbandonata non sa più essere guida per i figli, ma si aggrappa a loro, trascinandoli alla deriva.
L’autore utilizza più registri linguistici, e la lettura non è particolarmente facile sia per le dinamiche familiari descritte sia per il continuo confronto tra la cultura occidentale e quella orientale. Una lettura di sicuro alto livello, ma non sempre lineare e fruibile dai più.