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Armonia napoletana
Vittima di una querelle anagrafica tipicamente partenopea, la protagonista viene dichiarata alla nascita col nome di Luce, in ossimorico contrasto col suo cognome, Di Notte, come ad assegnarle una sorta di funzione salvifica e riparatrice. Nella notte di una Napoli abitata da camorristi, avvocati corrotti, compagni e mariti infedeli ed egoisti, percorsa da oscure vicende familiari, segreti ed omertà, Luce porta i suoi gesti risoluti, si difende con la sua grinta e il suo look da maschiaccio dalla violenza maschile, senza che questo infici la sua femminilità, come comprende bene il collega Manuel, dongiovanni superficiale ma non privo di fascino. Nei monologhi interiori della protagonista, spesso incentrati sulla memoria del passato e dell'infanzia, il parlato tende ad abbassare i toni del discorso quando si innalza verso i registri del lirico, del patetico o del sentenzioso. Ma il risultato stilisticamente più felice è quello dei dialoghi, impastati di lingua e dialetto, un dialetto moderno, attuale, colto sulla bocca dei suoi nuovi parlanti e lontano da ogni vagheggiamento letterario, magari imbastardito e contaminato, ma vero. Una segnalazione speciale merita il napoletano di Carmen, rabbia e passione, verità e stereotipi, un po’ radio libere e “abbracci circolari”, neomelodici e gruppi di mamme in chat, un po' espressione di una sincera e profonda maternità.
Tirocinante presso uno studio legale dove si vive di espedienti e di servili accomodamenti ai potenti e ai prepotenti, Luce entra appunto in contatto con Carmen, la moglie di un camorrista, e il figlio, cercando informazioni che depongano a sfavore della donna e consentano al padre di portarselo via. Ma ben presto imparerà a guardare al di là delle apparenze, si lascerà conquistare dall’intelligenza e dalla vivacità del piccolo Kevin, scoprirà i tratti umani di una madre (ma anche di un padre) capaci di allevare un figlio sensibile, buono, misurato, esemplare al di là di ogni aspettativa, contro ogni facile determinismo sociologico. Circola nel romanzo l’idea catartica di un amore che vince ogni cosa, anche i condizionamenti sociali ed etici più insani e negativi. E forse proprio qui, in questo approccio consolatorio a situazioni umane che le cronache ci hanno purtroppo abituato a considerare ben più devastanti e diseducative, sta il principale elemento di debolezza del romanzo. A partire da Kevin e Carmen, si costituirà un nucleo familiare anomalo, basato sulle scelte e non sull’appartenenza di sangue, del quale faranno parte anche il vecchio vicino don Vittorio, il nuovo amore di Luce, Thomas, che ha sostituito il “bastardo”, liquidato in una furiosa scena di vendetta femminile, fino a comprendere, in un rapporto rigenerato, anche il fratello e la madre. Ma perché le fratture del passato si ricompongano del tutto, occorrerà un disvelamento finale riguardante la figura del padre, che abbandonò anch’egli la famiglia e Luce quand’era piccola (ma la colpa dell’abbandono sarà anche in questo caso edulcorata dalla simpatia umana di questa inaffidabile figura paterna: Marone sembra tendere sempre ad un’armonia nella quale gli opposti si conciliano) .
Qui l’autore, con sapienti interruzioni e sospensioni, sa tenere desta l’attenzione del lettore, lasciando immaginare senza definire e chiarire, se non nelle pagine conclusive, le amare vicende familiari che hanno indurito, ma non irreversibilmente incattivito, la protagonista della storia.
C’è la Napoli del lavoro precario, della sottomissione forzata, dei compromessi morali necessari per sopravvivere e conservare un lavoro, ma il messaggio finale sembra essere di speranza. Da questa realtà si potrebbe e dovrebbe fuggire, ma forse non tutto è perduto. Perciò, “magari domani resto”, annuncia Luce, diversamente dalla rondine ferita e curata da Kevin, pronta a librarsi in volo e a dire addio per sempre alla famiglia che si era allargata fino a comprendere anche lei.
Indicazioni utili
Film "La tenerezza".