Dettagli Recensione
Michele, Elena e il coraggio di crescere e andare
In quel di Miniera Mare quel solitario e unico treno che giornalmente compie ininterrottamente le sue tre tappe partendo all’alba e tornando al tramonto, scandisce la vita di Michele, trentenne ferroviere che ogni sera, al ritorno delle locomotive in viaggio, porta a termine il suo lavoro e procedere alla sua opera di salvataggio. Atteso che ogni passeggero sia sceso dal vagone, il giovane, sale e inizia a pulirlo da ogni carta, sacchetto, rifiuto ma inizia anche a raccogliere ogni oggetto dimenticato, abbandonato, smarrito. Una volta raccolto, ne dà denuncia ma nel frattempo procede altresì a catalogarlo e a custodirlo nella sua dimora sita all’interno della stazione stessa. Ogni sera, con la sua stracciatella, i suoi oggetti, i suoi ricordi. Perché Michele è solo. Il padre è venuto a mancare da poco più di tre anni, la madre lo ha lasciato che ne aveva appena sette portandosi via quel quaderno rosso, suo diario segreto.
Da allora egli vive con la sensazione di sentirsi un oggetto smarrito, da quei maledetti sette anni in cui ha visto partire sua madre con la sua valigia, il suo libriccino e una presunta promessa di far ritorno. Un giorno. Da questo momento per il bambino poi uomo, ogni attimo passato con la mamma diventa un ricordo sbiadito che perderà la sua intensità di emozione per condannarlo ad una vita vuota, priva di rapporti, legami, colori, sapori. Michele si chiude a guscio nella sua esistenza, si confina in una “bolla” a cui nulla e nessuno possono accedere: la sua vita diventa una routine scandagliata e precisa, meticolosa e chiara, intangibile e infrangibile. Le promesse sono solo parole senza significato e profondità, parole dette così tanto per dire ma senza un fondo di verità.
Eppure un giorno, un giorno come i tanti a cui si è assuefatto, un nome, una persona, una ragazza: Elena. Elena e il suo parlare ininterrotto, Elena e la sua bambola smarrita “Milù. Milù come la sorella perché entrambe così si chiamano”, Elena e il suo saper far breccia nel cuore di questo uomo così timido, spaventato, insicuro, chiuso in sé stesso, Elena e la sua capacità di trasmettere coraggio. Coraggio di chiedere cinque giorni di ferie per compiere quel viaggio in treno come passeggero, coraggio di aprirsi agli altri, di far fronte alla propria inadeguatezza, di vincere le piccole paure, di convivere con la propria ingenuità, goffaggine, fragilità, di accettare quel bisogno di calore, quegli imprevisti, quelle sorprese che la vita ci riserva e che di questa fanno parte. Per crescere, per afferrare quel che abbiamo faticosamente conquistato, per vivere e non soltanto sopravvivere.
Salvatore Basile ci dona con “Il viaggio dell’oggetto smarrito” un componimento delicato ma anche profondamente duro e riflessivo. Perché il percorso che è chiamato a intraprendere Michele, è un percorso che tutti noi siamo chiamati a solcare. Perché tutti abbiamo perso qualcosa, perché tutti abbiamo bisogno di credere in noi stessi, di imparare a camminare sulle nostre proprie gambe.
Al tutto si somma una penna lineare, fluida, che accompagna il lettore pagina dopo pagina invogliandolo ad andare avanti e a riflettere sul proprio io. Un piccolo gioiello.
«Ecco perché volevo farti vedere questo ulivo… perché è come te. Ha una ferita profonda che gli hann inferto quando era bambino. Però è cresciuto lo stesso. E continua a crescere, anche se, crescendo crescendo, la ferita diventa sempre più profonda. Anche tu sei cresciuto, nonostante la tua ferita. E ora hai deciso di cercare tua madre. Ma dimmi una cosa… Così speri di cancellare la ferita?» p. 102
Indicazioni utili
Commenti
2 risultati - visualizzati 1 - 2 |
Ordina
|
2 risultati - visualizzati 1 - 2 |