Dettagli Recensione
Soffrire per essere liberi: ne vale la pena?
Questo romanzo è un pugno allo stomaco.
259 pagine divorate, lette più e più volte per cercare di capire ogni parola, ogni frase.
Letto un capitolo passavo immediatamente al successivo, ma più volte mi sono fermata nel mezzo della lettura per tornare indietro e rileggere un passaggio. Questo romanzo è violento, diretto, ti apre gli occhi.
“L’animale femmina” è il romanzo d’esordio di Emanuela Canepa, vincitrice con la sua opera del premio Calvino 2017, il premio italiano più importante assegnato ai nuovi autori. Seguiamo la vita di Rosita, studentessa fuggita dal suo paese e dal controllo della madre, fuori sede e fuori corso a Padova. Le prime pagine ci mostrano una ragazza che cerca di concludere qualcosa nella sua vita ma il lavoro al supermercato non ha fatto altro che rallentare il suo percorso di studi in medicina e non l’aiuta a vivere serenamente e decentemente. In più, l’unico uomo che frequenta è sposato e, quando va bene, lo vede una volta al mese.
Per questo, l’incontro alla vigilia di Natale con l’avvocato Lepore che le offre un posto di lavoro nel suo ufficio legale come segretaria part – time le sembra quasi un sogno. Non ha capito che invece si tratta di un incubo. Lepore inizia ben presto a esercitare una “sottile” manipolazione psicologica nei confronti della giovane, tormentandola con discorsi sempre più misogini.
Nel mentre seguiamo anche la storia di due ragazzi alla fine degli anni ’50, inizio anni ’60:Ludovico e Guido sono giovani, vorrebbero vivere una vita spensierata ma devono presto affrontare i doveri (e i dolori) della vita adulta.
Questa breve descrizione non rende giustizia alla complessità del racconto. Anche i personaggi sono estremamente complessi, ma sono veri. L’autrice è riuscita a caratterizzarli in maniera impeccabile per quanto riguarda i loro pensieri e le loro azioni.
Rosita è una donna complessa di cui ho apprezzato alcuni comportamenti e di cui non ne ho compresi altri. E’ una ragazza che soffre a causa di una madre oppressiva, di un amore impossibile ma che la fa stare bene (“Il problema tra di noi è che non esiste nessun spazio di negoziazione. Non ci sono occasioni per smussare gli spigoli, o provare a costruire una rete di cura per i bisogni dell’altro. Ogni volta è come se fosse la prima, si ricomincia da capo, due perfetti sconosciuti che devono imparare tutto l’uno dell’altra. Magari è anche per questo che continua a piacermi tanto. Forse la chimica e l’intimità sono inversamente proporzionali”), per gli studi arretrati, per non riuscire ad arrivare a fine mese… ma nel corso del romanzo subisce una vera metamorfosi: stranamente una scelta sbagliata si rivela la migliore per imparare a essere libera.
Per descrivere l’avvocato Lepore vorrei usare una parte di intervista alla stessa autrice, che lo dipinge cosi: “L’avvocato Lepore è un uomo ombroso e cinico, innamorato della sua visione del mondo sulla quale non ammette contraddittorio. Pensa male di tutti, non ha stima per nessuno, il suo unico piacere è catalogare gli individui. Ma gli uomini lo interessano meno. È sulle donne soprattutto che riversa la sua insoddisfazione e la sua smania aristotelica di classificatore”.
Lo stile del romanzo è semplice, mai pensante nonostante un lessico ricercato, mai banale. Alcune frasi sono vere e proprie perle che ho letto più volte per poterle comprendere al meglio: “Non importa se stai bene o male, se sei infelice o pensi a te come un miserabile senza speranza. A livello cellulare il ciclo di riproduzione si svolge per tutti allo stesso modo. A livello cellulare l’inadeguatezza non è codificata”.
Il romanzo potrebbe apparire a una lettura superficiale come un libro femminista, pro – donna e contrario al maschilismo. Non è (solo) questo, è molto, molto di più. E’ una indagine psicologica della mente femminile ma, come scoprirete leggendolo, anche maschile. Terminato il romanzo ho pensato che la conclusione fosse stata troppo rapida, ma in realtà non avrei potuto immaginare un finale diverso.
Spero presto di leggere una nuova opera di questa autrice, merita davvero. Quindi, che dire se non buona lettura? :)
“Capisce cosa significa desiderare, commutare la fantasia in atto, riversarla sul corpo, integrarla nelle percezioni. E gli si rivela il senso dell’ossessione, l’esigenza della pelle. Lo appaga il vigore delle fasce muscolari tese sotto le sue mani, le venature dei tendini affilati al posto della carne morbida che affonda, e che è l’unica pratica di un corpo diverso dal suo che ha fatto fino a quel momento. E’ un impulso violento, una colluttazione. Ludovico è dominato dall’ossessione di sperimentare, stringere e mordere, mettere alla prova il vigore del corpo che fa male, fa bene, si contrae, si contorce”.