Dettagli Recensione
Bisogna dilapidare la gioia..
Stavolta ci speravo veramente, credetemi, di poter uscire dal vuoto che mi si crea intorno quando confesso la mia insofferenza verso i romanzi di Carofiglio.
Ero molto fiducioso di poter apprezzare questo suo romanzo perché, vi assicuro, non è bello sentirsi isolato come una particella di sodio nel mare di ovazioni che inonda immancabilmente tutte le sue opere, in primis quelle che vedono come protagonista il celebre avvocato Guerrieri.
E lo giuro, vostro onore, leggendo l'ultimo libro 'Le tre del mattino' ho messo da parte qualsiasi pregiudizio pregresso sull'autore, come se fosse la sua prima opera a capitarmi tra le mani; anzi, direi la seconda opera, visto che il primo (ed unico) romanzo di Carofiglio di cui nutro un piacevole ricordo è "Nè qui nè altrove", disincantato racconto dal tono dolceamaro di tre amici, ex compagni di studi, che si ritrovano dopo vent'anni a ripercorrere in macchina vie e quartieri della loro città, Bari, durante una notte che si dilata indietro, nel tempo trascorso, sollevando inevitabilmente paragoni e riflessioni tra passato e presente, ciò che si era, ciò che si sognava e ciò che si è.
Ecco, penso sia stata proprio la lettura di 'Né qui, né altrove' a compromettere il mio giudizio verso le opere successive di Carofiglio perché, seppure ne abbia lette alcune e non tutte, in nessuna di esse ho ritrovato quell'autore che tanto avevo apprezzato.
E non è una questione di stile perché la scrittura di Carofiglio è stata e rimane certamente molto sobria, diretta, senza spigolosità di sorta.
Non è una questione di genere, perché 'Le tre del mattino' presenta molte assonanze con 'Né qui né altrove' tanto che entrambi possono essere considerati romanzi di formazione: non ci sono i tre amici stavolta ma un padre ed un figlio che si 'incontrano' nel senso letterale del termine in una città che non è la loro dopo anni trascorsi insieme nella stessa casa, vicini ma lontani, estranei.
E non è nemmeno una questione di ambientazione, perché non c'è Bari ma c'è Marsiglia che ancora una volta presenta molte similitudini col capoluogo pugliese: città dalle tonalità chiaro-scure dove si alterna l'azzurro abbagliante dei riflessi del mare all'oscurità insidiosa delle vie e dei quartieri più malfamati, crogiolo multietnico e variegato di delinquenti locali, ubriaconi e prostitute.
E' piuttosto una sensazione di estraneità, come se durante la notte a Bari l'autore fosse dentro la storia, fosse uno dei tre amici in giro per la città, mentre in questo libro è solo un narratore.
Ne consegue che alcuni dialoghi mancano di spontaneità, di naturalezza, sembrano artificiosi e costruiti, perdendo così quell'intimità ed impulsività di sentimenti tipici di un rapporto padre-figlio.
Certo il rapporto tra Antonio e suo padre non è dei più idilliaci, non c'è mai stata complicità tra i due, neanche prima che i genitori di Antonio si separassero.
Forse a causa del carattere del padre, matematico e docente universitario: si sa come sono i matematici, sempre con la testa tra i numeri e poco attenti invece al cuore delle persone.
Un luogo comune che Antonio avrà modo di sfatare, insieme all'immagine e alla percezione del padre che sino ad allora aveva costruito nella sua mente, durante il soggiorno di due giorni a Marsiglia che padre e figlio trascorreranno insieme.
Due giorni ma anche due notti in realtà, perché Antonio soffre di una forma rara di epilessia idiopatica che un medico marsigliese riesce a curare con una terapia durata ben tre anni: la conferma di definitiva guarigione avverrà proprio grazie all'ultimo test, sotto condizione di stress, per valutare le reazioni del ragazzo rimanendo sveglio per 48 ore consecutive.
La vicinanza forzata tra padre e figlio durante il soggiorno a Marsiglia, la preoccupazione per l'esito della cura, le lunghe passeggiate notturne tra le strade di una città ignota, la gita in barca lungo la costa e le nuove amicizie.. tutto contribuisce a ricostruire il loro rapporto sin dalle fondamenta, demolendo poco alla volta quel muro invisibile fatto di condiscendenza, incomprensione, pregiudizi e sorda ostilità che li separava rendendoli praticamente due sconosciuti.
Ora hanno entrambi la possibilità di recuperare il tempo perso, di scoprire passioni, interessi, idee ed esperienze vissute che prima neanche potevano immaginare l'uno dell'altro.
Mai Antonio avrebbe potuto credere che la rigida e razionale personalità di suo padre celasse l'estro e l'improvvisazione di un musicista jazz e mai avrebbe pensato di rimanere folgorato da quel genere di musica.
Insomma, è la storia di un padre e di un figlio che travalicano il rapporto parentale, spesso troppo arido, asettico, per diventare veri amici, confidenti. Prima che sia troppo tardi, perché il tempo passa inesorabile e si trascina dietro la vita:
« E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole in un viavai frenetico.
Non sciuparla portandola in giro
in balìa del quotidiano
gioco balordo degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea. » (K. Kavafis)
Una bella storia, sicuramente, positiva ed edificante: lo stesso titolo del romanzo, tratto da una frase di F. Scott Fitzgerald "Nella vera notte buia dell'anima sono sempre le tre del mattino, giorno dopo giorno" perde la sua connotazione pessimistica di buio perpetuo per diventare invece un messaggio di speranza per il futuro, alba che a breve sorgerà.
Una storia che sarebbe stata però molto più coinvolgente se l'autore non avesse contaminato alcuni dialoghi con eccessivo manierismo, rendendoli troppo formali ed affettati tanto da risultare quasi fuori luogo, inverosimili dato il contesto, come ad esempio la digressione sul teorema di Fermat.
Sarebbe bastato forse un maggior senso di immedesimazione da parte dell'autore, quel coinvolgimento più profondo che ho invece percepito nell'altro romanzo di Carofiglio 'Nè qui nè altrove'.
"Se la gente crede che la matematica non sia semplice, è perché non si rende conto di quanto complicata sia la vita." (John von Neumann)
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Carofiglio è un autore che proprio non riesce a interessarmi, neppure a incuriosirmi.
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Comunque ti capisco, non per Carofiglio, che qualche anno fa era uno dei miei autori preferiti. Ora il mio giudizio si è un pochino raffreddato, infatti non ho ancora letto quest'ultimo romanzo. A volte succede di sentirsi soli rispetto al giudizio altrui... In ogni caso penso che sia un diritto non essere d'accordo con la comune valutazione.