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L'accettazione
L'ultimo periodo della vita è un argomento spinoso per la maggioranza delle persone, soprattutto oggi, nella società consumistica del ventunesimo secolo dove perfezione, bellezza e massima realizzazione imperano a dismisura, dove i 'cinquanta' sono i quaranta di trent'anni fa, e dove le principali chiacchiere da coiffeur (quando non siano pettegolezzi di cattivo gusto) sono palestra e glutei, dieta vegetariana e benefici delle spezie in infusione.
Tutto deve essere sempre al top, corrispondere a canoni di positività e gioia e gli unici verbi contemplabili sono brillare, eccellere, distinguersi, godere.
Del corpo che cambia e non risponde più come quand'era fresco e giovane è preferibile non disquisire, anzi, così facendo alcuni assurdamente si 'anestetizzano' con la convinzione che quella specie di 'triste morte lenta' a loro non accadrà mai o almeno in misura lieve rispetto ai tanti sfortunati.
E' la paura della sofferenza fisica e del dolore prima del reale trapasso, a farla da padrone; il timore dell'inesorabile distruzione del proprio essere (ivi inteso nel binomio corpo-psiche) e per i più indipendenti, il pensiero di quando la non auto-sufficienza probabilmente costringerà a richiedere favori e aiuto altrui.
In questo delizioso romanzo la sapiente penna femminile della Ravera rincuora e aiuta i più timorosi della vecchiaia a ricollocare gli ultimi anni in una sfera più ampia ed evanescente, attraverso l'idealismo della protagonista, la sua gioia di vivere e la rincorsa della felicità e dei sogni, proprio come accade quando si è giovani e con i teorici decenni avanti a noi.
Costanza Gatti ha sessantaquattro anni quando eredita dal padre una cospicua quanto inattesa somma di denaro più un vecchio convento a Civita di Bagnoregio, piccolo borgo laziale detto 'la città che muore' per la caratteristica geomorfologica del terreno circostante che col tempo lo ha isolato dal resto della vallata, e a cui si accede solo tramite ponte pedonale in cemento armato.
Quasi subito alla brillante signora viene in mente un'idea bizzarra cioè ricreare nell'austero convento ristrutturato una specie di 'ricovero' per i suoi vecchi amici dell'età della ribellione, i vent'anni vissuti in una 'comune' a Milano in mezzo a ideali politici e illusioni sul futuro.
La storia si dipana quindi attraverso la ricerca dei vecchi amici persi di vista quarant'anni prima, una miriade di contraddizioni, rivalse e fallimenti e il rapporto con l'ex-marito Dom, compagno di una vita e figura fedele e onnipresente anche dopo la separazione ma con cui alla fine si troverà a dover fare i conti perché, volente o nolente, il tempo cambia ogni cosa e talvolta pure le persone.
L'unica via d'uscita è l'accettazione e a Costanza, energica e pure un pò egoista, volendo 'salvarsi' non resterà che metabolizzare e accogliere il cambiamento.
Ecco quindi che attraverso le vicende della simpatica protagonista femminile la Ravera ci mostra la chiave di lettura dell'esistenza stessa ovvero il lasciar fluire eventi ed energie, non rimanendo passivi o rassegnati, combattendo, certo, senza però ostacolare il naturale percorso delle cose.
Che non è poi un percorso così facile né scontato...
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