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Meravigliosi, fragili alieni
Ci sono storie che parlano di sogni e avventure, capaci di portarti per qualche ora in mondi lontani. E poi ci sono storie che invece ti portano vicinissimo, dentro di te. Parlano di noi, creature imperfette e acciaccate, dei se e dei purtroppo che ci hanno modellato, delle corazze che abbiamo forgiato per difenderci dalla vita. La bellezza di queste storie sta nell’autenticità, nella capacità di farti riconoscere, in controluce tra le pagine, le tue emozioni e i tuoi contorni. Per questo, per me, questa è una bella storia.
Silvio Muccino porta in scena la sua e la mia generazione. Cinque trentenni, cinque amici, cinque alieni. Alieni perché, proprio negli anni dell’adolescenza, in cui tutti ti chiedevano di essere uguale a un modello, loro avevano saputo costruire un’amicizia chiedendosi vicendevolmente solo di essere sé stessi e di non essere giudicati. Ma il tempo passa, e su quell’amicizia si sono stratificati quindici anni di silenzi, dopo l’improvvisa e inspiegabile fuga di Alex, il loro cuore accogliente. Perché? Un perché che li ha corrosi e sgretolati. Un perché senza risposta, come i tanti perché del passato. Finché arriva una lettera, da Alex, un invito a riunirsi una volta ancora, forse l’ultima, per la resa dei conti finale.
Un fine settimana insieme, nella silenziosa solitudine della campagna umbra, è l’occasione per indagare l’anima dei personaggi, scoperchiando pentole in cui bollono spietatezza, egoismo, noncuranza, rassegnazione. Ma non c’è giudizio o condanna. È la voce stessa dei personaggi, rotta dall’emozione, a rivelarci come dietro questi travestimenti si nascondano cicatrici, ombre, fragilità. La paura del fallimento e della speranza.
È un romanzo dalla trama coinvolgente e comunicativa, che ti cattura fin dalle prime righe, e dallo stile semplice e spontaneo, che non nasconde di strizzare l’occhio al mondo del cinema. E forse qualche piccola caduta la imputo proprio ad aver voluto far “accadere” qualcosa, come ci si aspetta in un film. Ciò nulla toglie però al profondo lavoro di introspezione fatto dall’autore per restituirci, in modo sincero, uno spaccato generazionale.
“Sballati, irrisolti, insicuri, infelici, destabilizzati. Troppo grandi per essere ragazzi e troppo piccoli per essere uomini”. È una doccia gelata leggere questo ritratto impietoso di sè, ma alla fine regala anche un soffio di calore perché, cadute le maschere e le ipocrisie, sotto si rivelano la bellezza e la tenerezza dei sentimenti veri. Sensibilità, dignità, accoglienza, coraggio. Perché per accettare e vivere le proprie imperfezioni e diversità, serve il coraggio degli eroi.
E, nonostante tutto, si può ancora essere eroi.
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Commenti
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Grazie a te per il commento!
Manuela
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Sembra un gran bel romanzo, grazie della segnalazione, Manuela! :)