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Sergentmagiú ghe rivarem a baita?
Mario Rigoni Stern, ma per i più il Sergentmagiú, con il suo libro “Il sergente nella neve” racconta uno spaccato molto importante di vita e di storia.
Il libro è diviso in due parti, la prima è “Il caposaldo” dove gli alpini, vicino al fiume Don, hanno scavato delle trincee; siamo in pieno inverno e stare in Russia non è certo un piacere, fra il freddo e i russi, i nostri soldati non se la passano proprio bene. La seconda parte è “La sacca”, ovvero la ritirata dalla Russia.
Non è la prima volta che leggo un libro storico, scritto anche dal protagonista, ma quello di Rigoni è davvero impressionante. Il Sergente maggiore racconta come vivevano, quello che mangiavano, come si spartivano i compiti, il terrore e il coraggio. Le vite raccontate sono vite vere, persone che sono partite per combattere per qualcosa che credevano giusto e si sono ritrovati circondati da neve, e a rendersi conto che in fondo gli invasori erano proprio loro e che gli altri difendevano solo casa propria.
Se la prima parte è più statica, la seconda ci porta un passo dopo l’altro verso la “baita” ovvero il ritorno, ma come ben sappiamo, non tutti hanno potuto rivederla quella baita tanto sognata.
Rigoni racconta la sua verità e porta anche noi in quel freddo russo, dove il fuoco di un’isba può salvarti la vita, dove l’unione fa la forza e dove la ragione può abbandonarti da un momento all’altro. Evidenzia inoltre le differenze che anche nell’esercito esistevano e come quelli che inviavano ordini e comandi difficilmente erano poi in prima linea a eseguirli. Un semplice soldato non sapeva mai niente.
Quello che mi ha colpito in tutto questo dolore e freddo è l’umanità che ne viene fuori, soprattutto nella scena in cui Rigoni si ritrova in un’isba con dei soldati russi che stanno mangiando e nel momento in cui ti aspetteresti di tutto, ti ritrovi davanti una umanità che ti tocca e ti scalda il cuore.
“Ritornò il silenzio. Tra noi e Cenci si sentiva qualche breve raffica di mitra.
Sul fiume gelato vi erano dei feriti che si trascinavano gemendo. Sentivamo uno che rantolava e chiamava – Mama! Mama!
Dalla voce sembrava un ragazzo. Si moveva un poco sulla neve e piangeva. – Proprio come uno di noi, - disse un alpino: - chiama mamma”.
Bellissimo libro, lo consiglio.
Buona lettura!!!
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Commenti
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L'ho letto qualche anno fa, ma lo ricordo bene; la prosa di Rigoni Stern è potentissima!
Sullo stesso argomento, consiglio "Centomila gavette di ghiaccio" di Giulio Bedeschi, altra terribile testimonianza sulla ritirata di Russia.
Federica
Federica
Fede
Fede
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