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Piccole storie
Breve o lunga che sia la storia, non importa: ogni volta la scrittura di Michela Murgia ha il dono d’incantare e sorprendere, confermandosi profondamente semplice e straordinaria allo stesso tempo. Quella raccontata ne “L’incontro” è una Sardegna che, in verità, non si sa se esista ancora da qualche parte: un’Isola dove il significato della parola comunità, in cui il singolo trovava armonica collocazione, non era astruso né sconosciuto e il conseguente “noi” che ne scaturiva non lasciava spazio a individualismi di sorta; dove l’infanzia aveva il sapore di giochi a perdifiato per la strada e dove le sere d’estate, per chissà quale naturale prodigio, si tingevano di basse sedie di paglia, posizionate a mo’ di platea davanti agli usci di casa, e di storie di anime inquiete sussurrate dalle voci più anziane depositarie di leggende e realtà ormai tra loro inscindibili. Da ogni angolo di quel vissuto, lontano appena una manciata di lustri, la narrazione fluisce lieve, riportando alla memoria l’odore del tempo e atmosfere sfumate per molti di coloro appartenenti alla generazione di Maurizio, il protagonista, che a metà degli anni Ottanta era un bambino di dieci primavere e si compiaceva della dimensione sociale di cui era parte. Un racconto che palpita di amicizia e parentele di vicinato più forti di quelle di sangue, mostrando come “l’altro”, in fin dei conti, sia frutto di frontiere invisibili tracciate anzitutto nella nostra mente.
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