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Capolavoro!
“[…] i morti sono sciolti da tutti i problemi, meno che da uno solo, quello di essere stati vivi.”
È la storia dei Sanna, dei Mannu e dei tanti “don” che, a torto o a ragione, vivono circondati da un alone di nobile prestigio, ma anche di modesti preti e maestri di scuola, di contadini e pastori e di tutti quei disgraziati che stanno al mondo soltanto perché c’è posto.
È la storia di solitudini e infelicità sepolte, alla pari di molte donne, dietro imposte perennemente chiuse; la storia di miserie, non esclusivamente materiali, e ricchezze centellinate e agognate, anche se, come dice qualcuno, ricco è solo il cimitero; di certezze del passato e illusioni del futuro che, sfiorandosi, incombono entrambe su un presente in bilico precario tra padri e figli.
Sullo sfondo la Nuoro del primo Novecento, nient’altro che “un nido di corvi, […] come e più della Gallia, divisa in tre parti”, la quale, talvolta con stupore (come per l’avvento della luce elettrica), talaltra con orrore (come in occasione dello scoppio improvviso della Grande guerra che famelica reclama al fronte giovane carne da macello), scopre a poco a poco di essere parte di un mondo più grande che va ben oltre le strade polverose e diffidenti che corrono tra il Corso e i borghi di Sèuna e San Pietro.
Un affresco monumentale, altro aggettivo mi par poca cosa, di una città, di un’epoca e di una umanità travagliata, evocata affinché si liberi del proprio fardello di memorie in un pietoso ed eterno giorno del giudizio.
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Salvatore Satta è uno degli autori isolani più noti e questo romanzo, ne sono certa, non mancherebbe di stupirti!
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Un altro autore interessante che non conosco.