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I tanti volti del Male
“[…..]non siamo mai sazi di padre, nessuno di noi. La fame di padre ce la trasciniamo per tutta la vita. Non ne abbiamo mai abbastanza, non tanto del padre vero [….] ma proprio di quelli vicari, o immaginari. Dio, il medico dell’Asl, il poliziotto buono, il capo. Qualunque capo: del branco, del governo, dell’ufficio. Anche il prof, perché no? [….] e il parroco, naturalmente.
Se c’è uno scrittore che conosce e sa descrivere il mondo dei giovani, quello è Raul Montanari.
Nel suo ultimo bellissimo romanzo Montanari ci pone di fronte ad alcuni tra i temi più scottanti e problematici della società contemporanea: primo tra tutti il rapporto genitori/figli, insegnanti/allievi, genitori/insegnanti, ma anche l’evidente degenerazione e accentuazione del bullismo dovuto all’uso spregiudicato e delinquenziale dei moderni mezzi tecnologici, il diffondersi delle droghe pesanti tra i giovanissimi, con una conseguente alterazione della personalità che scaturisce il più delle volte in violenza fisica e psicologica. Nessuna superficialità nel trattare argomenti così impegnativi e così seri. Ogni personaggio ha uno spessore psicologico che lascia trasparire uno studio approfondito del carattere da parte dell’autore. Ciò fa sì che ci troviamo di fronte a una galleria di personaggi simili ai molti che malauguratamente si incontrano oggi un po’ dovunque.
Il luogo in cui la storia si svolge è molto importante: una piccola bella valle poco lontano da Milano, un microcosmo isolato dal resto del mondo, dove tuttavia non regnano armonia e pace ma la prepotenza e l’arroganza di un gruppo di persone che prevarica il resto della comunità . La scuola media inferiore, nella quale giunge Marco, per esercitare la sua professione di insegnante, è,come sempre accade, specchio della società civile che popola la valle.
Marco non è e non vuole essere un eroe. Anzi è l’antieroe per eccellenza che tuttavia, consapevole dei suoi limiti, trova l’unico coraggio credibile in tempi come questi, un coraggio che non prescinde da un misto di paura e di viltà, per affrontare con dignità una situazione difficile. A lui, cresciuto ed educato da un padre manesco e gretto e una madre meschina, si contrappone Rudi, il capobranco, spavaldo e prepotente. È molto interessante notare come questi due personaggi abbiano reagito diversamente ad un rapporto del tutto negativo con i genitori. Marco, umiliato nell’infanzia e spesso maltrattato, ha sviluppato un grande desiderio di autonomia e indipendenza, ha puntato sull’impegno e ha potuto staccarsi con dignità dall’ambiente familiare, senza avere mai assunto il padre come modello di vita. Rudi, al contrario, pur mortificato nell’ambiente familiare da un padre rozzo e prepotente, vede nel genitore un modello da seguire e sviluppa e accentua quell’aggressività che lo annienterà. Il rapporto genitori/figli viene dunque attentamente analizzato dall’autore anche negli altri personaggi.
Caduta ogni barriera di rispetto e autorità anche per l’intervento negativo e controproducente dei genitori che si schierano in difesa di figli problematici e ribelli, il rapporto insegnante/allievo diviene una continua sfida, un continuo gioco di provocazione. L’arroganza dei padri altro non è che la manifestazione di un consapevole fallimento del loro ruolo di educatori.
Fin qui si potrebbe sostenere, a ragione, che il problema del rapporto generazionale è sempre esistito anche nel passato. Oggi, tuttavia, le cose sono cambiate, perché sono intervenuti fattori nuovi che hanno contribuito ad aggravare la situazione in modo allarmante: la droga e il cyberbullismo.
L’assoggettamento del più debole, la violenza psicologica e sessuale sono purtroppo fenomeni che si stanno diffondendo pericolosamente, come testimoniano le cronache di questi tempi. L’orrore che ne scaturisce non può certo cancellare quello generato dalle guerre, dalle persecuzioni e le stragi, ma di sicuro non è meno rilevante. E qui il personaggio dell’ambiguo maggiore Novak è emblematico.
La brutalità giovanile e la violenza della guerra, temi di grande attualità su cui riflettere. D’altronde è questo il fine della letteratura: raccontare delle storie che ci facciano riflettere, porci di fronte ai problemi reali della nostra società, perché se ne possa prendere coscienza e si possa in qualche modo contribuire ad affrontarli se non risolverli.
Un romanzo molto molto bello, una storia che ci riguarda tutti.
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Commenti
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Un caro saluto
Chiara
Dopo la tua ottima presentazione, non mi lascerò scappare questo titolo.
Grazie. Un caro saluto.
Manuela
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