Dettagli Recensione
la meta non è un posto ma è quello che proviamo
Lacrimuccia non trattenuta nel leggere le ultime pagine.... e alcune risate qua e là nel corso della lettura. A me questo libro è piaciuto molto: più del secondo romanzo "la tristezza ha il sonno leggero". Mi chiedo come l'Autore - uomo - sia riuscito a tratteggiare così bene e profondamente un personaggio femminile come quello della protagonista Luce. Questa, nel narrarci le sue vicende "qui e ora", ci accompagna a tratti anche nel suo passato, in un'infanzia infelice dove l'unico raggio di sole è rappresentato dalla nonna materna; un passato che spiega i suoi tormenti attuali, che la portano anche ad immaginare di andarsene dalla sua città per voltare del tutto pagina, come in passato aveva fatto il padre, quindi il fratello Antonio. Con l'aiuto di altri personaggi, in particolare un vicino anziano di casa (in passato giramondo, ora costretto all'immobilità su una carrozzina) e un bambino, Luce riuscirà - arrancando e sbrogliando antiche questioni familiari - a trovare l'agognata serenità. Che non dipende dal luogo in cui siamo, ma da quello che portiamo dentro e dall'accettazione e comprensione di quello che siamo. Il finale mi ha portata al brano di Marco Mengoni in cui canta "la meta non è un posto ma è quello che proviamo. E non sappiamo dove né quando ci arriviamo".