Dettagli Recensione
Transnitria, Fiume Basso
Romanzo caratterizzato da stile scorrevole e brillante, coinvolgente e accattivante, che arriva ad essere irresistibile per la sua fluidità; l’autore non risparmia al lettore giochi linguistici, finali di capitolo a sorpresa e sfumature ironiche; ricordiamo ad esempio la fine del rocambolesco e violento compleanno del protagonista: “dopo tanti pensieri e discussioni con me stesso sono arrivato alla conclusione che non si risolve niente con il coltello e le botte. Così sono passato alla pistola”.
Non mancano neppure i disegni che decorano con linee nette ma raffinate, alcuni punti cruciali della storia.
Lo stile agile vivace e disinvolto, la sintassi ben strutturata, elaborata e corretta rivelano al contrario delle aspettative, contenuti e scene brutali che arrivano ad essere atroci e impietose; vengono descritte minuziosamente armi di tutti i tipi, dalle più semplici alle più elaborate, come se fossero cose quotidiane simboliche e magiche, ‘il coltello è trattato come un oggetto di culto tipo la croce ’; le armi vengono depositate in casa vicino alle adorate icone ortodosse, sempre nei soliti posti con ricercata meticolosità; ricevere in regalo la picca, coltello dalla lama affilata, è segno di crescita nel cammino di formazione siberiana, tappa fondamentale del passaggio del ragazzo nel mondo degli adulti; inoltre armi come vanto, sicurezza, maturità, terribili segni di riconoscimento. Grazie alla lucidità di un siberiano acuto ed intuitivo, quasi filosofo, vengono raccontati e commentati gli scontri tra bande, le ferite inferte, le cicatrici, i carceri minorili dove si dimentica cosa sia l’essere umano per la mancanza di igiene, la malnutrizione, le percosse, luoghi dove è difficile sopravvivere, dove chi sta male viene lasciato in un angolo a morire; il lettore è posto davanti anche alle atrocità e ai sadismi dei gulag, inferti per puro divertimento alle mamme e i loro bambini, quella follia illogica che porta a chiedersi: si può arrivare a tanto? E la storia ci dice di sì.
Non mancano violenze sessuali su donne e minori, vendette tra bande, accoltellamenti, non esistono le forze dell’ordine, gli odiati e ridicoli sbirri, ma ci si vendica facendo subire all’aggressore quello che ha fatto, la solita tortura, la vendetta è irrinunciabile segno d’onore; l’autore non tralascia nulla, tutto raccontato e descritto nei minimi particolari, tutto come se fosse l’unica realtà possibile esistente.
Lo stato sociale che dovrebbe rieducare i disadattati e adottare misure per la prevenzione del crimine, non esiste.
Non si leggono i libri, i giornali o le riviste, ma si leggono i corpi, i corpi tatuati sono la storia, il tatuaggio deve essere fatto da un esperto e deve avere un suo significato spaziale e temporale, deve rappresentare un determinato avvenimento della vita ed è diverso da zona a zona, da banda a banda; il corpo del delinquente siberiano deve parlare, è una autobiografia, si mostra agli altri come un documento di identità e mostra la zona di provenienza, l’età, le esperienze, i contatti, le origini familiari, la religione, i carceri frequentati e i maestri che hanno eseguito l’opera.
Siamo a Fiume Basso, quartiere periferico di Bender, città di una zona della Transnitria, luogo sperduto e dimenticato dell’Unione Sovietica, il freddo pungente invernale e il rovente sole estivo non spaventano gli abitanti della Siberia; i ragazzi conoscono bene la natura impietosa del clima continentale, amano il loro fiume che percorrono costantemente con barche costruite dalle famiglie, si immergono spesso in questi territori aspri e selvaggi, li vivono e li sentono parte integrante della loro indole, indifferenti e soprattutto per nulla attratti dal consumismo americano che a volte e attraverso piccoli oggetti fa la sua apparizione.
I delinquenti siberiani nascono vivono e conoscono solo questa realtà, concepita come unica possibile, come la sola formazione che un bambino possa avere; hanno però le loro leggi, i loro principi, ‘i sani principi dei delinquenti’ e soprattutto la loro dignità, forza irrinunciabile e motore fondamentale della loro vita violenta. Si deve rispettare gli anziani, saggi detentori di innumerevoli segreti ed esperienze, solo dai loro insegnamenti i giovani possono mettere le basi per la vita futura, si onora la famiglia, la madre, la religione naturale e quella ortodossa e le splendenti icone che adornano le modeste ma dignitose case. Si rispettano anche i tanti malati di mente che, fuggiti dalle città principali, si rifugiavano in queste zone sperdute dove sperano in una vita migliore, a Fiume Basso qualcuno può occuparsi di loro e i bambini diversi possono giocare con gli altri; le abitazioni del quartiere sono di tutti, ci si incontra, ci si aiuta e si parla tra famiglie della solita etnia o provenienza, c’è anche il guardiano che controlla chi entra e chi esce dal quartiere, lo straniero può essere un nemico o può arrivare un gruppo di sbirri; la miseria non spaventa nessuno, non c’è denuncia sociale, anzi forse si può essere più schiavi dell’oggetto inutile imposto dal consumismo. La fame e la povertà vanno e vengono, la dignità una volta persa non torna più e non si può recuperare.
Il romanzo ha inoltre una struttura particolare che si allontana da molta narrativa d’azione contemporanea, la storia non ha un ordine cronologico lineare, si tratta di una sorta di diario che segue il tempo interiore del protagonista, molti ricordi, commenti a questi e ancora incisi e flashback, storie di personaggi scomparsi, morti in carcere o spariti nel nulla, i cadaveri scomodi vanno nella tomba di un altro; i ricordi affiorano netti e precisi, dai contorni nitidi, tutto per mettere in primo piano le regole ferree del delinquente onesto e soprattutto dell’educazione siberiana.