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Un'identità cancellata
Marco Balzano, dopo L’ultimo arrivato, pubblica Resto qui, un piccolo capolavoro della letteratura, in cui si esprime alla massima potenza il legame di identità con la propria terra e le proprie radici. L’autore si conferma, ancora una volta, dedito alla vocazione pure di narratore immacolato. Si torna indietro nel tempo, in una saga ambientata a cavallo della metà del ‘900, a Curon, piccolo paese dell’Alto Adige, dove la vita viene sconvolta dall’avvento del fascismo che ne minaccia la loro identità. Infatti fascismo impone il monolinguismo, e fa specie che questa regola vada a cancellare il tedesco, che è la lingua del futuro alleato del duce. Per il piccolo gruppo di abitanti, per la maggior parte contadini ed agricoltori, questa imposizione mina fortemente la loro identità e la loro esistenza. Inoltre altra minaccia incombente è rappresentata da una diga, che se realizzata, metterebbe a rischio la sopravvivenza del paese stesso. Tra ruspe, operai che scavano, lavori iniziati e poi interrotti, e poi ripresi, il tempo passa, e la Storia incombe: il benessere e la tranquillità sono devastati dall’incombenza della guerra. Nasce una resistenza sotterranea, che vede agire soprattutto la protagonista del libro: Trina. Trina è una giovane maestra, affiancata e sempre sostenuta dal marito Erich, un uomo di poche parole e di molta sostanza, che agisce sempre senza grandi proclami, ma con testardaggine e caparbietà. Parte del villaggio, però, si schiera con Hitler, visto come un possibile futuro liberatore. I due sposi sono i soli a lottare, e hanno contro di loro gli stessi figli: la figlia Marica vuole trasferirsi nella Germania nazista, scappa nottetempo e di lei non si avranno più notizie, con grande costernazione materna, che finge per tutto il romanzo di dialogare solo con lei; mentre il figlio Michael si arruola nellaa Wehrmacht.
A Erich e Trina non rimane che fuggire in montagna come disertori, dove si salvano. E terminato il conflitto mondiale la loro resistenza non termina, ma si sposta contro la diga; anche qui in una lotta improba, fino a quando l’acqua non sommerge del tutto il paese. Lasciando emerge solo il campanile.
Un libro bellissimo, di grande impatto emotivo e narrativo, scritto con uno stile asciutto e preciso, che non concede eccessi di nessun tipo. C’è tantissima poesia, infatti:
“Fatti, storie, fantasie, ciò che contava era averne fame e tenersele strette per quando la vita si complicava o si faceva spoglia. Credevo che mi potessero salvare, le parole.”
Una lingua che comunica emotività e sentimenti, che dà il via ai ricordi. Ma non solo: anche attaccamento alla terra natia, alla famiglia, alla vita. Un romanzo che parla ai muri, alle strade, ai borghi, dove solo è il campanile, come vedetta, rimane lì ad attendere che qualcuno ne narra la storia. Come afferma lo stesso autore:
“una storia intima e personale attraverso cui filtrare la storia con la S maiuscola”.
Un vero e proprio capolavoro, da leggere assolutamente.
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