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La parete di luce
L’adorazione e la lotta è un romanzo sulla letteratura, un sasso scagliato contro lo stagno della letteratura morente per farne riemergere l’immagine depositata sul fondo di Letteratura come Arte. E’ un romanzo scritto contro le logiche del mercato editoriale che hanno voluto fare del romanzo un prodotto, che deve rientrare in un genere e che deve essere scritto secondo certi dettami del gusto per poter essere appetibile. Ma l’arte non è classificabile secondo logiche di mercato, deve anzi uscire dalle logiche per essere qualcosa di diverso dall’artigianato o dal prodotto di serie. Moresco si ribella a scrittori come Baricco che definiscono se stessi artigiani o a scrittori come Simenon che sfornano prodotti vendibili, rinunciando al vero ruolo della letteratura. La concezione che Moresco ha della letteratura è di sfondamento e ne dà una immagine bellissima presa da Jack London Zanna Bianca. Il lupacchiotto che dalla caverna teme l’apertura che lo separa dal mondo fuori della caverna. La caverna richiama anche l’immagine della caverna di Platone. La letteratura dovrebbe quindi avere secondo Moresco un ruolo di sfondamento e forse di conoscenza che è lo stesso ruolo che un filosofo come Schopenhauer rivendicava per l’arte. Non per niente Moresco parla di verità dell’arte e con questo non intende il realismo ma qualcosa di completamente diverso. “E infatti come la realtà non è realistica, la verità non è veritiera”. Moresco rivendita per l’Arte un ruolo di avvicinamento alla Verità grazie alla sua capacità di dire qualcosa di più vero del verosimile o dell’autobiografico, di più autentico e profondo che sfondi le apparenze e le evidenze di questa vita materiale. In un certo senso Moresco fatica a dare un nome a questa verità più vera non essendo credente e non essendoci quindi per lui una Verità assoluta come per il credente. Eppure la evoca citando Teresa D’Avila e il suo cammino mistico che secondo Moresco ha qualcosa di erotico e in effetti, per il credente la Verità è l’Amore. L’Arte dovrebbe avere comunque la funzione di sfondare le apparenze e il velo (di cui parlano i mistici) e di gettare uno sguardo oltre, indipendentemente dalle convinzioni dello scrittore. Anche scrittori grandi ma sgradevoli per le loro idee hanno questa funzione. Moresco ne cita alcuni esempi, il più eclatante è Celine. Un grande scrittore come Celine, artista e non artigiano, dice quell’altra parte di verità, per molti indicibile, eppure vera, per cui il suo ruolo è sempre quello di sfondare la parete di luce e di gettarsi oltre. La rivendicazione di un ruolo per la letteratura come Arte, il grido di guerra contro le logiche asfittiche del mercato e la corruzione del palato del lettore sono la cosa più bella del libro.
Moresco prende in considerazione molti scrittori e ce li presenta o meglio ci mostra se stesso mentre è alle prese con questi scrittori, mentre mangia la pasta senza sale, piscia nella bottiglia tagliata e legge, legge, legge. Gli autori non ce li presenta in modo canonico e ortodosso. Ma è come se con ognuno di questi scrittori ci fosse una discussione in atto, un discorso iniziato a cui il lettore si trova ad assistere come origliando alle conversazioni altrui. Anche le citazioni di tali autori sono molto moreschiane e non è che facciano capire molto dello stile dell’autore. Spesso sono citazioni buffe di tipo copro-ano- genitale che sono quelle che meno danno l’idea del modo di scrivere dell’autore ma che più rendono il tipo di rapporto che Moresco ha con l’autore. Buffe anche le sue considerazioni suggerite dalle fotografie degli autori. La faccia di Celine, povero Celine. Bello lo slancio affettivo con cui ci presenta alcuni autori come Tolstoj, Dostojevskij, Bulgakov, Cervantes. Altre sue opinioni per esempio su Mann o su Pirandello potrebbero anche sembrare discutibili. Povero Calvino. Ma quello che resta al lettore è il marchio di questo suo desiderio di autenticità, di verità; questo appello al mercato perché non sia solo bieco mercato, morte dell’arte, perché gli editori si spingano oltre all’allevamento di persone lobotomizzate e incapaci di sentire e di pensare.
“Invece la letteratura è un varco che oggi è un po’ meno sorvegliato degli altri proprio perché si pensa che non conti più nulla e che sia stato completamente normalizzato, una crepa attraverso la quale-soprattutto nei momenti in cui tutto appare chiuso, bloccato, e in cui grava una cappa tremenda su ogni cosa e sembra impossibile l’invenzione della vita-può passare qualcosa capace di toccare zone più segrete e irradianti nascoste in qualche punto profondo della nostra vita e del mondo”.
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ornella