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Un Faust "letterario".
Il diavolo nel cassetto è un romanzo intrigante, appassionante e molto bello che porta l’autorevole firma di Paolo Maurensig, divenuto famoso nel 1993 con La variante di Luneburg, amatissimo romanzo sul gioco degli scacchi e il nazismo. Quest’ultimo è un libro che colpisce anche per la sua stessa struttura: la storia è raccontata da un testimone, che a sua volta ha raccolto la storia altrove. L’autore a tal proposito afferma:
“E’il canone musicale: una voce che introduce un’altra voce, che introduce una terza voce, poi si torna indietro. Ma alla fine quello che conta è abbandonarsi al racconto.”
Il testo è un apologo letterario fascinoso che colpisce:
“sul narcisismo e la vanagloria, ma anche sulla nostra inestinguibile sete di storie.”.
Siamo in un piccolo paesino della Svizzera, tra le montagne, che in estate si anima, per poi ridimensionarsi in inverno. Ebbene in questo luogo di pace tutti gli abitanti sono affetti da una strana malattia: tutti scrivono manoscritti, li inviano per posta e ricevono rifiuti dagli editori. Ma è pericoloso, perché
“Tutte le volte che si prende una penna in mano ci si accinge ad officiare un rito per il quale andrebbero accese sempre due candele: una bianca e una nera. A differenza della pittura e della scultura, le quali restano ancorate a un soggetto materiale, e alla musica, che invece trascende del tutto la materia, la lettura può dominare entrambe i campi: il concreto e l’astratto, il terreno e l’ultraterreno. (…) Lo scrittore, quindi, può formare una catena di pensiero in grado persino di dar vita e intelligenza a una figura da tutti considerata immaginaria, come si ritiene sia il diavolo.”
Tutti sono colpiti da questa strana malattia: dal vecchio parroco che redige una sorta di memoriale da curato da campagna, alla ragazzina demente che scrive filastrocche accompagnate da bellissimi disegni, al borgomastro, ai ricchi possidenti, agli albergatori. Il pericolo è in agguato. Una notte nei boschi compaiono le volpi affette da rabbia silvestre, e si avvicinano pericolosamente ai centri abitati. E’ una premonizione: la sciagura sta per abbattersi. Ma nessuno pare accorgersi dell’infausta disgrazia , se non padre Cornelius, giovane parroco mandato a sostenere l’anziano predecessore. Ma ecco che il diavolo in persona si manifesta, e lo fa palesandosi sotto le mentite spoglie di un editore. E’ ciò che tutti attendevano. Si progetta, addirittura, di istituire, suo tramite, un premio letterario intitolato al grande romanziere Goethe, che pare abbia sostato nel piccolo paesino a causa del guasto della sua carrozza. Le persone giubilano, e non si accorgono del male che si insinua, subdolo e terribile. Perché lui sa mimetizzarsi bene, infatti:
“Ha sempre un aspetto curato, veste in doppiopetto, ha un eloquio forbito, un tono di voce suadente. (…) Tutto nella sua persona pecca di eccesso, il suo riso è sgangherato, il gesto è teatrale, i capelli ravviati all’indietro, piuttosto lunghi ed untuosi, sono tinti di nero; le labbra purpuree, affilate, con i lati rivolti all’insù a mimare un sorriso perenne; gli incisivi grossi, a forma di scalpello, sono affetti da un vistoso diastema, e la voce, la voce poi, dove sembra celarsi il segreto del suo fascino, è rotonda, impostata, senza asperità, senza picchi.”
Inoltre il diavolo trova terreno fertile nella società letteraria, poiché:
“la letteratura è il luogo dove ogni vanagloria, alimentata dall’invidia, cresce a dismisura, dove anche il più banale dei pensieri- purchè sia impresso a caratteri tipografici- viene accettato come verità assoluta.”
Così, sarà don Cornelius a intavolare una particolare lotta contro il male: proprio lui che ha, egli stesso, qualche ombra, qualche segreto con cui confrontarsi.
Un nuovo, infausto, patto con il diavolo. La letteratura quale mezzo non per comunicare, ma per affermare le proprie aspirazioni a discapito di tutto e di tutti. Un luogo a procedere per il diavolo o per il Faust, indimenticabile. Una struttura letteraria che non concede scampo, un gioco che ha un ritmo vivido e frizzante, composto da una prosa ammaliante e conturbante, quasi “demoniaca”. Un povero diavolo fra tanti imbrattacarte: ritratto lucido ed impietoso dell’editoria moderna.
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