Dettagli Recensione
Il declino del matrimonio
Questo di Domenico Starnone è un libro abbastanza particolare, a partire dal suo stile e dal metodo scelto dall'autore per raccontare questa storia, fino all'approccio usato per affrontare un tema quanto mai scottante, nei nostri giorni: quello del matrimonio.
Il libro è diviso in tre parti: la prima racconta la fuga di Aldo dal punto di vista di sua moglie Vanda, tramite una serie di lettere scritte dal pugno di quest'ultima e indirizzate al primo, scappato per amore di un'altra donna: Lidia. Nella seconda parte si viene catapultati nel presente in cui marito e moglie si sono ricongiunti e sono ormai nel pieno della vecchiaia, e nella terza conosciamo il punto di vista dei due figli Anna e Sandro e delle ripercussioni che la lunga scappatella del padre e anche il suo rientro nella cerchia familiare hanno causato nelle loro vite, anche tacitamente. Lo stile di Starnone non è assolutamente pesante, ma se devo essere sincero non mi è rimasto impresso e in certi tratti risulta abbastanza piatto, senza mai raggiungere vette altissime. Il contenuto di questo romanzo, oltretutto, anche se tocca un tema contemporaneo e ne mette in risalto ottimamente alcuni punti, manca di quell'ispirazione senza nome che trasforma un libro normale in un ottimo libro, se non un capolavoro.
Dunque, è sulla fuga di Aldo che si basa tutta la trama di questo breve libro, e sulle ripercussioni che questa ha sulle vite di sua moglie, dei suoi figli, ed anche sulla sua medesima esistenza.
Per concedersi quella scappatella di quattro anni, che a quanto pare è l'unico periodo di tempo in cui lui si è sentito felice, il protagonista si è dimostrato disposto a sacrificare la sanità mentale di quattro persone, incluso se stesso. Se ne fosse completamente consapevole non è dato dirlo, sta di fatto che così è stato: è fuggito dalla trappola in cui si è chiuso a causa di scelte affrettate dettate dalla sua gioventù e da impulsi ancora sconosciuti, per poi tornarvi non si sa bene con che spirito. La sua è una fuga da quella che gli era sembrata una trappola: ma si può fuggire da un luogo d'oppressione e improvvisamente, provare il desiderio di tornarvi? E con quale disposizione d'animo, poi? Un uomo che ha sacrificato tutto quello che aveva in nome della propria libertà d'individuo, può tornare sui propri passi? Può volere indietro quel che ha sacrificato in passato in nome di qualcosa, sacrificando a sua volta proprio quel qualcosa?
E' alquanto contorto, lo so, ma è un po' tutto il libro ad esserlo e lo sono anche tutti i personaggi che lo popolano. Non mi sento di dire che siano inverosimili, perché in fondo, non sono del tutto fuori dalla realtà: gli esseri umani con cui conviviamo ogni giorno ci hanno abituato a stranezze ben peggiori.
Eppure... non lo so, c'è qualcosa di strano, quasi artificioso; come se si volesse a tutti i costi enfatizzare quello che è il declino (evidente, per carità), dell'istituzione matrimonio e dell'affezione naturale anche tra genitori e figli. Forse era questo l'intento di Starnone: enfatizzare questo lato triste della realtà contemporanea, portando i suoi personaggi al limite.
Il messaggio arriva, puntuale, amareggiante come dovrebbe essere, ma ne perde qualcosa il libro come entità a sé stante.
"Se tu te ne sei scordato, egregio signore, te lo ricordo io: sono tua moglie. Lo so che questo una volta ti piaceva e adesso, all'improvviso, ti dà fastidio."
Commenti
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non ho letto “Ex cattedra”, ma posso dire di essere pienamente d’accordo con te... personalmente, ho un conto in sospeso con la scuola italiana. Per dirne una, non è possibile che non si invogli in alcun modo i ragazzi a leggere. Si assegnano per le vacanze libri che andrebbero letti in età più matura e mai quelli che potrebbero invogliare a leggere di più. Fossero stati più capaci, avrei fatto scelte diverse...
Vale.
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