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Un viaggio a ritroso nei sentimenti e nelle emozio
Franca Benedusi pubblica con la casa editrice Araba Fenice Avevo un fazzoletto azzurro, un libro che in copertina inserisce una tempera bellissima di Luigi Carbone, che racchiude:
“una storia complessa, ricca di emozioni che tutti incontrano durante la vita”.
Ambientato in terra di Langa, Patrimonio dell’Unesco, una terra ricca di fascino,
“tra immagini di colline con le nebbie mattutine e campanili svettanti verso il cielo”.
Nello specifico un luogo preponderante è, certamente, Lunetta, patria dell’autrice stesa, che è il suo luogo del cuore, il luogo di tutti i suoi romanzi precedenti a cui lei guarda con una tenerezza e una dolcezza mai dimenticate, un sorriso rivolto
“a tutto ciò che li circonda. Sfiora pure i loro occhi ed intanto li invita a perdersi ora nel cielo azzurro ed ora nelle distese di nebbia che, in basso, sembrano imitare il mare. Un mare immenso di color grigio chiaro, che va a lambire i piedi delle colline. Si infila tra esse, nasconde tutte le vallate e si distende attorno come fosse un tappeto immenso. Un tappeto sul quale esse possono appoggiarsi per poi ergersi, piene di luce, a sfiorare il cielo.”
E’ in questo incanto che Maura e suo nonno intraprendono un viaggio a ritroso nel tempo, un percorso lungo, che va dal 1943 al 2015. Il nonno Mario, partigiano, vissuto per lungo tempo a Ferrara, torna indietro ai suoi vent’anni, ai suoi ideali, ai suoi ricordi, al tempo della cattura dei tedeschi, dei suoi combattimenti con i partigiani in quelle terre che lo hanno visto giovane combattente, soffrire a lungo, ma anche ad uscirne vittorioso ed idealista. Tanti sono i compagni perduti, tanti sono i lutti, e le tragedie che lo circondano, all’insegna di un anelito di libertà, a lungo temuto, e raggiunto a caro prezzo. Monito per le generazioni a venire, per i giovani Maura ed Attilio, persi anche loro nelle rispettive delusioni, nelle tragedie umane che paiono segnarli a vita, ma che lasciano sempre uno spiraglio di vita, di dolcezza e di amore. Sono infelicità che aiutano a comprendere la pienezza dell’essere umano, delle emozioni e dei sentimenti mai sopiti, nell’ottica di un futuro roseo da completare e da vivere. Il tutto con un accompagnamento speciale: quello della luna, che, sorniona, guarda dall’alto e suggerisce, la via giusta da percorrere, rassicurante e profonda:
“Alta nel cielo c’era la luna, era immensa e sembrava osservarci. Di tanto in tanto alzavo gli occhi al cielo e l’ammiravo: non l’avevo mai vista così bella. Era meravigliosa. Risplendeva nella notte buia e sembrava sorridere, sorridere ad una colonna di uomini intenti a percorrere una strada nuova. Una strada mai vista prima, ma sognata per tanto tempo e desiderata con tutto il cuore. (…)
Ritrovai la luna. Era proprio su di me ed era stupenda. Un alone chiaro con delicatezza la sfiorava e teneramente l’abbracciava. La osservavo ed avevo l’impressione che mi parlasse, che mi tirasse su da terra con la sua luce intensa.”.
Avevo un fazzoletto azzurro è un romanzo che commuove ed intriga al contempo. I personaggi che lo allietano sono ricchi di umanità, con profondi e vissute storie umane da narrare e da vivere, esempi perfetti di un microcosmo sfaccettato e simbolico, un caleidoscopio tra passato e presente, intenso ed infinito. L’autrice, privata precocemente dall’amore della figlia Silvia, a cui dedica il volume, intende trasmettere al lettore lo stesso amore che la figlia ha sempre dimostrato avere per i nonni, proprio narrando una storia tra nonno e nipote. Ne scaturisce, così, un romanzo ricco di pathos, di grande pregnanza narrativa, con un particolare riguardo per i sentimenti e per le emozioni che sono così rare di questi tempi. Una lettura per altri tempi, per altri luoghi ed altri valori, che non ci sono forse più, ma ricchi di amore e di bellezza
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