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Una Prof. tra gatti, sette sataniche e matti evasi
Prendiluna è una arzilla vecchietta, ex professoressa di liceo, che ora vive in una casetta nascosta nel bosco e colonizzata da dieci gatti (i Diecimici). Una notte le compare il fantasma del gatto Ariel, il progenitore di tutti, il quale le comunica che dovrà trovare dieci Giusti a cui affidare i Diecimici. Dopo di che lei morrà, ma così sarà riuscita a salvare il Mondo dalla catastrofe imminente. In questo modo inusuale parte l’avventura di Prendiluna nella sua difficile missione, alla ricerca di vecchi colleghi stimati, ex allievi meritevoli e diseredati di buon cuore classificabili come “giusti”. Cercheranno di rintracciarla due suoi antichi studenti, evasi dal manicomio (Dolcino, paranoico ed epilettico, e Michele, che si crede l’omonimo arcangelo!), perché vogliono essere presenti alla conclusione dell’impresa per poter dare due ceffoni al Diobono, affinché si capaciti del male che ha arrecato alla Terra. Molto più preoccupante è il fatto che Prendiluna sia anche pedinata da un misterioso personaggio incappucciato e… rovente che agisce in accordo con gli oscuri monaci Annibaliani, setta potentissima ed onnipresente in tutti i centri di potere, i quali cercano di ostacolarne il cammino.
In Stefano Benni albergano due tipi di scrittori. Uno è autore di talento (oserei dire geniale), umorista irresistibile, poeta onirico e stralunato, inventore di fiabe estrose, funambolo di situazioni strampalate, ma affascinanti, profondo osservatore della natura umana e delle contraddizioni che la agitano. L’altro è un predicatore manicheo che divide l’umanità in buoni e cattivi inserendo in questo secondo gruppo tutti coloro che non accettano la sua ideologia, che si oppongono al suo credo o che, semplicemente, risultano essere obiettori inconsapevoli dei suoi dogmi. Costoro sono posti alla berlina e fustigati con feroce sarcasmo, quantomeno per interposto personaggio. Quando in un suo testo ha la meglio il primo lato della sua personalità il risultato è un’opera godibilissima e divertente, quando sopravanza il secondo si è costretti ad assistere ad una farsa, fatta di dileggi e sardoniche stroncature, che, in breve, annoia anche chi condivide le medesime idee.
Io ho amato moltissimo il primo Benni, che mi ha fatto ridere sino alle lacrime o riflettere su situazioni osservate precedentemente solo con occhio distratto. Ho cominciato a disamorarmene quando l’altra tendenza si è manifestata con prepotenza e con predominanza sulla prima.
Per questo motivo, quando mi sono accostato a “Prendiluna” l’ho fatto con una certa titubanza, per tema di ritrovarmi tra le mani il Benni concionatore.
Al termine del romanzo sono restato interdetto sulla valutazione da darne. Indubbiamente “Prendiluna” vuol essere un libro “contro” anche se non ho ben compreso contro chi in particolare.Se escludiamo il palese ateismo anticlericale e gli onnipresenti attacchi ai potenti (qualunque potere essi detengano), non sono riuscito ad identificare un obiettivo preciso diverso da ciò che è il mondo, tutto il mondo, così come lo conosciamo oggi (ci piaccia o meno).
Dopo la partenza, abbastanza accattivante, tra l’onirico ed il fiabesco, seppur punteggiata da qualche facile passaggio demagogico, la storia comincia ad avvitarsi in situazioni sempre più strampalate e bislacche. Nel distaccarsi progressivamente da una realtà comprensibile ci si perde in situazioni difficilmente decrittabili (sogni, allucinazioni, allegorie?). Sul finire, poi, la narrazione parte per la tangente divenendo un misto di sconclusionata favola moderna e di allucinato incubo horror ad occhi aperti. Al punto che non è dato comprendere se davvero si sia letta una storia con un qualche senso e significato o si sia finiti in uno dei sogni Matrioska di cui si parla nel libro.
Il libro, in definitiva, è un collage disarmonico. Contiene bei guizzi d’inventiva graffiante. Ogni tanto infligge qualche ben assestata scudisciata, acuta e brillante, alla nostra società, tutta presa dalle “pozzangherine” che teniamo sempre in mano (i vari tablet e smatphone), dal consumismo, dalla realtà virtuale o da quella altrui che impudicamente ci viene sbattuta in faccia dalle televisioni. Ci sono capitoli esilaranti godibilissimi e qualche passaggio poetico. A tratti, poi, ci si trova immersi in altri brani che raspano in gola o che irritano e disgustano proprio, e si finisce, girata l’ultima pagina, con un grossissimo BOH?
Quello che non ho compresa, in fin dei conti, è la morale che si dovrebbe ricavare dalla storia, ammesso che ce debba essere una e non si tratti solo di un duello personale dell’Autore contro i suoi mulini a vento. In sintesi non è uno dei peggiori Benni che abbia letto, ma non è neppure paragonabile ai migliori. Piacevole, ma non piacevolissimo, stravagante, ma anche un po’ velleitario. Consigliabile, ma anche no. Leggibile, ma anche evitabile.
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Io adoro i suoi Bar (Bar Sport, Il bar sotto il mare, Bar Sport 2000) raccolte di racconti divertentissimi e, in alcuni casi geniali come acutezza d'osservazione. Come ho scritto in un'altra recensione soprattutto il primo è una meravigliosa medicina contro la malinconia, Poi, essendo originario delle stesse terre di Benni, mi fa ricordare, con nostalgia, il bel tempo che fu!
Molto belle anche le poesie su "Ballate".
Completamente strampalato, ma divertentissimo è anche il volume illustrato di "Stranalandia", una collezione di fantazoologia davvero assurda.
Non malissimo "Comici spaventati guerrieri", anche se la vena comica è più appannata.
che purtroppo ogni tanto si inasprisce facendo deragliare
la brillante scrittura di Benni fuori dai binari consueti, opacizzandola..
Io ne ho avuto il sentore in altri libri, soprattutto ne "Il bar sotto il mare", e mi è dispiaciuto molto..
Tanto che, messo in guardia dalle premesse tratte dalle opinioni di altri lettori,
"Prendiluna" non l'ho neppure voluto affrontare, troppo affezionato a ciò che mi avevano lasciato,
fra gli altri, "Bar Sport" e "Margherita Dolcevita"...
Impeccabile comunque la tua analisi, è stato un piacere leggerla
Quanto a "Il bar sotto il mare" essendo una antologia ha degli alti e bassi. In questi ultimi traspare il Benni peggiore. Quando Benni resta entro certi confini è un ottimo autore, se ne esce si perde. Una impressione simile l'ho avuta leggendo "L'ultima lacrima" dove si alternano pezzi buoni a cose davvero difficili da terminare.
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