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Mi piace chi combatte ogni giorno per la felicità
Ma la felicità è un peccato?
E' così strano e difficile esser felici al giorno d'oggi che sembra quasi indecente esserlo, quasi amorale?
Siamo così immersi in un mare di apatia, insoddisfazione e depressione cronica che la ricerca della felicità rischia di essere condannata quasi come fosse un'eresia?
E, chissà, che non venga in mente a qualcuno di cambiare formula al Pater noster, da 'non ci indurre in tentazione' a 'non renderci felici'.
D'accordo, questo è iperboleggiare, ma la verità non è molto distante e come dar torto a Cesare Annunziata, protagonista di questo romanzo, quando afferma: 'Mi piace chi combatte ogni giorno per essere felice'.
Già, perchè la felicità è una scelta di vita prima ancora che una conquista, bisogna anzitutto desiderarla e volerla perchè di certo non sarà la felicità a venirci incontro.
E lo sa bene Cesare, dall'alto dei suoi 77 anni:
"Passi la vita a credere che un giorno ciò che speri accadrà, salvo poi accorgerti che la realtà è molto meno romantica di quanto pensi. E' vero, i sogni qualche volta si presentano alla tua porta, ma solo se ti sei preso la briga di invitarli."
Peccato però che questa consapevolezza giunga troppo tardi, lasciamo trascorrere pigramente gli anni migliori della nostra vita, ci lasciamo trascinare dagli eventi quasi per inerzia sopportando con insofferenza una condizione di disagio piuttosto che sforzarci di prendere una decisione, fare una scelta.
E l'inevitabile conseguenza è una vecchiaia tormentata dai rimpianti e dalla rabbia verso se stessi, per le occasioni mancate, per il non fatto:
"Ecco, appunto, il non fatto. Ho impiegato più di settant'anni per capire che io sono lì, nel non fatto. La mia vera essenza, i desideri, l'energia e l'istinto sono conservati in tutto ciò che avrei voluto fare."
Tuttavia, meglio tardi che mai: quando Cesare conoscerà Emma, la giovane vicina di casa, percepirà subito quanto sia infelice, dai suoi gesti, dai suoi sguardi e soprattutto dalle contusioni e lesioni varie sul corpo. Perchè Emma vive con un uomo violento, manesco, ne è succube ma non vuole denunciarlo, perchè terrorizzata, per paura delle conseguenze.
Ecco è proprio questo, la paura del cambiamento, che spesso frena ed impedisce la ricerca della felicità.
Ogni scelta implica delle conseguenze, dei rischi ma la consapevolezza a posteriori di una scelta sbagliata è più sopportabile del rimorso per una scelta non fatta.
Emma diventa così preziosa per Cesare, gli darà occasione di scuotersi dal grigio torpore in cui sarebbe rimasto avviluppato negli ultimi anni della sua vita riscoprendo così l'ebbrezza della felicità, la serenità d'animo che nasce dalla certezza di non essere più solo dopo aver ricostruito il rapporto con i suoi figli, Sveva e Dante, prima che naufragasse nell'indifferenza reciproca e nell'apatia.
Lorenzo Marone confeziona una storia 'agrodolce' su una tematica che ricorre spesso in molti romanzi, una tematica che definirei paradossalmente 'immortale': la vecchiaia.
E tutto ciò che la vecchiaia si porta dietro: i bilanci di una vita in esaurimento, la sensazione sempre più pressante della morte in agguato, gli acchiacchi fisici e le notti insonni, il silenzio a volte soffocante di una casa vuota, la coscienza di appartenere ad un mondo che corre troppo in fretta e l'impossibilità di inseguirlo, destinati così a rimanere indietro, diventando ben presto solo un ricordo:
"La vista di quei poveri vecchietti fuori da scuola che fermano le auto, per esempio, mi fa rabbrividire. Sì, lo so, si rendono utili anzichè marcire su una poltrona, eppure non ci posso fare niente, un "nonno civico" per me è come un rullino fotografico, una cabina telefonica, un gettone, una videocassetta, oggetti di un tempo andato che non hanno più una vera funzione."
Ma si sente anche forte il desiderio di riscatto, il tentativo - più che la tentazione - di essere felici nonostante tutto, di guadagnarsi quegli ultimi momenti di gioia e serenità che solo l'altruismo e l'amore possono donare.
Marone affronta questi argomenti con ironia e sagace sarcasmo, rendendo la lettura molto leggera e scorrevole, complice anche la riuscita caratterizzazione dei personaggi, in primis Cesare, la cui innata simpatia tipica delle macchiette napoletane e la parvenza di vecchio burbero e cinico che nasconde invece un cuore generoso e bisognoso di affetto lo rendono subito di facile empatia col lettore.
Siamo quindi ben lontani dal pessimismo filosofico che aleggia in Everyman di Roth; piuttosto, la lettura di questo libro mi ha riportato alla mente le vicende e le parole di un altro nonnino, irriverente e politicamente scorretto: Barney Panofsky, protagonista de La versione di Barney di Mordecai Richler.
Un'assonanza tuttavia molto labile, essendo La versione di Barney sicuramente più articolato nella trama e più profondo nei contenuti rispetto al romanzo di Marone che spesso eccede nel sentimentalismo, quasi al limite della leziosità.
Per concludere, una perla di saggezza che terrò bene a mente per la mia vecchiaia:
"Una delle cose più belle della terza età è che puoi fare ciò che vuoi, tanto non ci sarà una quarta in cui pentirsi."
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E ottima recensione, Vincenzo, ricca di profonde riflessioni!