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Le colpe dei padri
 
Le colpe dei padri 2017-09-08 07:38:43 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    08 Settembre, 2017
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Le colpe ataviche del passato

Le colpe dei padri di Alessandro Perissinotto, candidato al Premio Strega 2013 dalla casa editrice Piemme, è un romanzo nel quale si fondo molteplici elementi, tanto da renderlo oltre che un racconto di fiction anche una profonda e ben radicata riflessione sulla nostra storia, sia presente che passata.
Il protagonista, Guido Marchisio, è un uomo di successo, separato, che vive con una donna molto più giovane di lui in una casa lussuosa al centro di Torino. E’ dirigente di un’azienda multinazionale, per la quale è impegnato a stabilire, basandosi su una lista, quali operai licenziare e quali mandare in cassa integrazione, secondo quella logica economica e aziendale che è tanto familiare alle industrie di oggi. Una logica che nasce dalla crisi e dalla volontà di ridurre il personale per fronteggiare l’economia che sta cambiando. Guido vive la sua vita tranquillamente, in pace con se stesso, convinto che non gli manchi nulla: ha una famiglia, genitori, una presenza femminile a scaldargli le notti, e un incarico di grande rilievo che lo tiene impegnato e lo rende l’uomo che è, pieno di soddisfazioni e di sicurezza. Fino a quando, un giorno, in un bar come tanti altri non incontra un uomo che lo scambia per un certo Ernesto Bolle, rivelandogli che costui ha i suoi stessi occhi, ossia ognuno di un colore diverso e lo stesso neo sotto ad uno di essi. Guido rimane profondamente colpito da quella rivelazione che presto diventerà una ossessione, minando per sempre quella pace apparente in cui la sua vita sembrava sprofondata. Chi è Ernesto Bolle? Questa domanda lo tormenterà per lungo tempo e permetterà alla storia di tornare indietro, alla nostra storia che vedrà protagonista non solo più la Torino industriale degli anni 2000, ma anche quella degli anni ’70, in cui Guido Marchisio è cresciuto e ha conosciuto fino in fondo. Gli anni ’70, gli anni della rivolta, degli scontri di piazza, delle lotte nelle fabbriche fino a raggiungere l’apice della violenza e della criminalità con l’avvento del terrorismo e delle brigate rosse e delle loro vittime innocenti. I licenziamenti di allora somigliano così tanto a quelli di oggi, così come le scritte sui muri e gli atti vendicativi e di protesta che gli operai riservano alla stessa auto del protagonista quando la incendiano e la imbrattano di letame. Il passato ritorna prepotentemente nel presente, nella vita di ognuno di noi e non solo in quella di guido, che scoprirà che Ernesto da bambino aveva vissuto nel quartiere povero di Falchera e che era proprio come lui fisicamente e basta questa conferma ad insinuargli il dubbio di essere lui stesso Bolle e di aver vissuto una vita piena di inganni e bugie. Attraverso la vicenda del protagonista, lo scrittore ci riporta nei vecchi quartieri torinesi dove in passato ardeva la lotta e in qualche modo questo richiamo crea una sorta di legame con il nostro presente, manca un elemento fondamentale che rende ogni battaglia persa in partenza ed è il protagonismo. Quello di allora manca, mentre non mancano i giochi di potere, le lotte civili e quelle violente, perché nonostante tutto, nel libro di Perissinotto, prendono spazio anche coloro che alla forza hanno contrapposto la forza, che hanno preso armi in mano e hanno sparato.
“ Ci vorrebbero le brigate rosse.”
Questa frase posta all’inizio del romanzo collega in forma concentrica tutta la storia che viene raccontata, dal passato al futuro, portandoci inevitabilmente al punto di partenza mostrandoci che, anche se sono passati tanti anni, oggi stiamo assistendo a dinamiche simili che lo stesso autore non esime dall’evidenziale:
“mi sembra di assistere alle stesse battaglie, di rivedere dinamiche sociali simili. L’identica paura. Ma con un senso di oppressione maggiore, perché un conto è conquistare certi diritti per la prima volta, altro è accorgersi di doverli riconquistare.”
Le colpe dei padri è un libro duro e drammatico, le parole hanno spesso un suono “metallico” come quelle delle pistole che le Brigate Rosse usavano per uccidere o gambizzare le loro vittime, i sentimenti restano intrappolati nel pudore tipico delle famiglie benestanti di Torino, o annientati dalle difficoltà della vita dei quartieri operai della stessa città, che fa da sfondo in modo sublime alla narrazione. Un romanzo che sorprende ed avvince.

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