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RECENSIONE
"Il ragazzo in soffitta" un giallo/noir tutto italiano scritto dal regista e scrittore Pupi Avati che si svolge su due piani temporali ed ambientali diversi, tra Bologna e Trieste. “Il ragazzo in soffitta” è il primo romanzo di Pupi Avati (scritto nel 2015) ed è la storia di un'amicizia tra due adolescenti, Dedo e Giulio, molto diversi tra loro nel fisico e nel temperamento, che si trovano a condividere un segreto terribile, squallido e allucinante. Sarà proprio questo infimo segreto, a creare un legame indissolubile tra i due coetanei.
Il romanzo è costruito, prendendo in prestito un termine cinematografico, a “montaggio alternato”: in due città, in due momenti diversi (ai giorni nostri a Bologna e negli anni ’80 a Trieste) e con stile di scrittura differenti: narrato in prima persona dal quindicenne Dedo e dunque con un linguaggio semplice, immediato e diretto tipico degli adolescenti nella narrazione che si svolge a Bologna (città di nascita dello scrittore e regista), in terza persona e con un linguaggio più ricercato nella storia di Trieste.
Le due narrazioni viaggiano in maniera distinta e parallela per poi incontrarsi ed intrecciarsi a metà libro. La narrazione è scorrevole e coinvolgente e nel libro compaiono molti dei temi cari a Pupi Avati quali l'indagine dei disturbi della mente umana, l'amicizia tra coetanei e i fulgidi anni dell’adolescenza, l'iniquità della vita che si prende beffa degli uomini distribuendo gioie e dolori in maniera arbitraria, la paura come elemento formativo della propria identità, l'attesa di un risarcimento per chi si sente defraudato dalla vita. E poi, come nel suo bellissimo film "La casa dalle finestre che ridono" (diretto nel 1976) non manca il colpo di scena finale.