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Orfani della Parola
"Perché non mi scrivi Ilie?" L'incipit del libro ci introduce in quella dimensione non del tutto evidente nella trama, quella della difficoltá nel comunicare che rappresenta secondo me il tema centrale del romanzo. D'accordo, l'autore affronta importanti temi sociali del nostro tempo con delicatezza avvincente: l'emigrazione, la cura degli anziani, l'inserimento degli immigrati, la maternitá, il lavoro, la disperazione. Ma su tutto domina lincapacitá degli esseri umani del nostro tempo di comunicare tra loro, di dialogare in modo efficace, perché solo la Parola, infine, salva. Una Parola che Mirta non ha trovato. Nonostante gli sforzi con gli svariati mezzi a disposizione, internet con le mail, un telefonino, i pacchi pieni di doni spediti con un furgone, la protagonista chiede invano alle persone che ama un cenno, una risposta...e costoro non sono in grado di offrirgliela. Non la madre, malata ma ormai assente a se stessa, non il figlio muto dall'inizio alla fine perché prigioniero di un abbandono per lui incomprensibile, non la vecchia Eleonora, verso la quale Mirta sublima il suo sacrificio, ma incapace di esprimersi, dura ed enigmatica con quei suoi occhi azzurri sbarrati, tanto da scavarle l'anima in un dialogo immaginario fatto di disperazione e di morte...Le risposte in questo silenzio devastante da parte delle persone che ama Mirta é costretta a riceverle solo da terzi, padre Boris, un sacerdote vicino ai suoi cari ma distante nei bisogni, la sua grande amica Nina, convinta che basta "sistemarsi" anche senza amore, la direttrice dell'intranat, dove é costretta a lasciare suo figlio, incapace di interagire con gli affetti più profondi, Pavel suo caro amico, innamorato di un sogno. Costoro sono intermediari di emozioni e sentimenti, ma in definitiva non bastano a Mirta perché non possono sostituirsi in quel dialogo vitale basato sulla Parola di cui lei ha bisogno, la Parola che nella disperazione porta la speranza, nel dolore il conforto, nella solitudine la condivisione. A Mirta la vita riserva il silenzio, che é l'anticamera del nulla, è messaggero di morte. Eppure sarebbe stata sufficiente una risposta semplice, a quella madre che chiedeva al figlio di elencare tre desideri, tre cose da portare nella nuova casa, e di fronte al silenzio del figlio costretta invece a rispondersi da sola, una risposta per salvare quelle vite. Invece silenzio. Sarebbe stato sufficiente che l'amico Pavel avesse parlato con franchezza a Mirta e le avesse detto di aver visto il figlio Ilie disperato e in lacrime in quell'orfanotrofio, e quelle parole forse avrebbero salvato quelle vite. Invece Pavel sceglie un'altra strada, sceglie il silenzio. Il silenzio, anticamera del nulla, messaggero di morte. Dal romanzo allora emerge un monito per l'uomo moderno che si muove nell'epoca della globalizzazione, che ha le mail, internet, un telefonino mezzi di trasporto veloci, ma non sa più comunicare, non sa relazionarsi negli affetti piû profondi e non riesce a far comprendere fino in fondo alle persone che ama proprio quell'amore immenso che giustifica il sacrificio, l'annientamento di sè. Abbiamo bisogno della Parola. La storia della creazione e della salvezza passano per la Parola: con la Parola Dio ha creato il mondo, con la Parola lo ha salvato. Avere tempo e coraggio per una risposta a chi ci pone domande e si interessa di noi al di lá dei mezzi a disposizione, é l'unica strada per superare la disperazione, e ridare vita alla speranza, per recuperare quella libertà e quella dignitá, costrette, nel silenzio, inesorabilmente a dissolversi e a precipitare nel nulla.
Complimenti a Manzini, davvero un bel libro.
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