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Leggere Calvino oggi
Rileggere oggi La trilogia degli antenati di Italo Calvino è un’esperienza quanto mai illuminante sulla condizione in cui versa l’uomo contemporaneo. “Il cavaliere inesistente” giunge dopo “Il visconte dimezzato” e “Il barone rampante” ed è forse il più complesso dei tre. Se nelle intenzioni dell’autore era di tracciare le linee fondamentali di quello che sarebbe divenuto in seguito l’uomo moderno, si può dire che l’esperimento sia stato tra i più riusciti, nella misura in cui egli ha con efficacia creato personaggi-simbolo della dissociazione della personalità, della inconciliabilità tra l’individuo e la realtà circostante.
Non a caso Agilulfo, il cavaliere inesistente, è coscienza senza fisicità, laddove Gurdulù, il suo opposto, è fisicità senza coscienza. Il primo agisce secondo schemi fissi, il secondo muta atteggiamento e persino nome col mutare delle situazioni e delle azioni che si trova a compiere.
Agilulfo e Gurdulù sono le componenti scisse dell’individuo moderno che stenta a ritrovare una sua unitarietà, indispensabile per la realizzazione di un rapporto armonico con il mondo che lo circonda.
Né il gioco degli opposti e dei contrari si limita ad Agilulfo e a Gurdulù: Bradamante è l’amore come sfida e conquista mentre Sofronia è l’amore tenero e pacifico; Rambaldo è rappresentazione del mondo dell’esperienza in contrapposizione a Torrismondo espressione del mondo teorico e morale.
Né mancano in questo romanzo di impronta cavalleresca i tradizionali colpi di scena, con le pagine dedicate agli emozionanti momenti di “agnizione”, di riconoscimenti che riconducono alcuni personaggi entro gli schemi di una diffusa morale tradizionale. In quest’ottica va visto il rapporto Sofronia -Torrismondo, non già madre e figlio, bensì figlia del re di Scozia e di una contadina l’una, della regina e del Sacro Ordine del Gral l’altro. Ecco superato, dunque, il rischioso nodo narrativo dell’incesto.
Il progressivo svelarsi del personaggio narrante di suor Teodora, inoltre, e la sua identificazione con Bradamante danno al romanzo una connotazione di metaromanzo, di una disquisizione, cioè, e di una analisi sulla condizione di alienazione e scissione di personalità dell’uomo contemporaneo, che oggi, più di ieri, in epoca di globalizzazione appare estremamente allarmante.
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Della trilogia questo è il libro che preferisco. La nostra cultura, dopo il Rinascimento, si è 'evoluta' attraverso continue contrapposizioni (ragione illuministica/sentimento romantico ... ). Ora la scissione mente/corpo è assai stridente : il corpo ridotto a strumento di edonismo e di orpello estetico o esposto come si usa nelle vetrine dei macellai ; la mente, debole e asservita o altezzoso strumento di potere. E lo spirito da molti rimosso o dimenticato.
Potrà mai esserci un nuovo Rinascimento ? O almeno una condizione umana vissuta con dignità a livello collettivo ? Oppure dobbiamo accontentarci di un percorso individuale vissuto fuori da mode e omologazioni (comunque già una non facile conquista) ?
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