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Le libere donne di Magliano
 
Le libere donne di Magliano 2017-08-05 08:36:22 Natalizia Dagostino
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Natalizia Dagostino Opinione inserita da Natalizia Dagostino    05 Agosto, 2017
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Libertà di follia

Mario Tobino è stato medico nei manicomi, poeta e scrittore, ed io recupero questo suo prezioso romanzo, pubblicato nel 1953.
La pazzia è davvero una malattia? È una delle misteriose e divine manifestazioni dell’uomo?
La scelta diaristica dell’autore offre al romanzo un valore di testimonianza, una valenza politica. Con una scrittura lirica e popolare, Tobino racconta, con sguardo e parola di carità, la quotidianità delle matte nude e sole, senza che avvertano la solitudine e la nudità. Donne che, a causa della follia, hanno usato l’amore, la mancanza, la solitudine, il corpo, per farsi male, per evitare la felicità dolorosa dei conflitti nella relazione e nel mondo.
È una musica di grida e di lamenti, per confrontarsi con la realtà, per continuare ad amare il lavoro di psichiatra. La follia è una malattia della quale “non si sa l’origine né il meccanismo” e, per poterla dire, bisogna frequentarla e coinvolgersi nelle esperienze che di essa recuperano le ombre da cui origina.

Tobino esprime gratitudine verso la follia e verso quelle matte che, ad una ad una, riconoscendolo, lo riportano al senso della sua professione e che, ancor prima, lo confermano nell’accettazione di un’umanità diversa. Per le persone sane è giunto il momento di fare il loro dovere verso i folli, quindi, di vederli, di capire, di ricordare. Dopo, molto più tardi, arriverà il ’68, noi conosceremo Franco Basaglia e lo psichiatra americano che lo ispirò, Thomas Szasz, conosceremo Bruno Orsini e la legge 180 che ha reso l’Italia l’unico paese al mondo, ancora oggi, che ha scelto l’abolizione del manicomio psichiatrico.

Il manicomio di Magliano è un piccolo mondo antico, tenero, povero e romantico, dove la chiusura è protezione, giacché fuori, nel dopoguerra, c’è ancora la fame, l’ignoranza, la paura, l’ingenuità dinanzi all’oscuro potere. Il racconto della quotidianità sofferente è triste e compassionevole. Il paternalismo che riconosco, l’atteggiamento bonario e benefico, lo sguardo di benevola concessione di Mario Tobino rappresentano un primo passaggio obbligato nella lunga strada che ancora compie la moderna psichiatria.

La malattia mentale esiste. Come la comunità riconosce le persone malate di mente e come se ne prende cura? Ancora oggi, queste scelte, continuano a fare la differenza, in una organizzazione civile. La follia è, in fondo, quello che una società decide di farsene di essa, nelle sue diverse espressioni: opzione di libertà oppure incapacità di produrre, spazio e tempo di creatività o diversità oscura e nemica, bellezza difficile o inutile sopravvivenza.

"La mia vita è qui, nel manicomio di Lucca. Qui si snodano i miei sentimenti. Qui sincero mi manifesto. Qui vedo albe, tramonti, e il tempo scorre nella mia attenzione. Dentro una stanza del manicomio studio gli uomini e li amo. Qui attendo: gloria e morte. Di qui parto per le vacanze. Qui, fino a questo momento, son ritornato. Ed il mio desiderio di fare di ogni grano di questo territorio un tranquillo, ordinato, universale parlare." p.14

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Commenti

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Bel commento, certo che a certa aridità asettica di taluni ambulatori territoriali sempre peggio dislocati e sempre più spesso chiusi, viene quasi da rimpiangere un santo protettore seppur dentro un manicomio. Ah, povera Italia e misere famiglie sole a gestire il disagio psichico o la malattia mentale con evidenti limiti e difficoltà.
Si, vero, il cambiamento è lento, specie in alcune regioni, ma confido in buone pratiche che, un pò per volta, sostituiscono i trattamenti violenti manicomiali. Siamo, comunque, ancora in una cultura escludente e persecutoria.
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