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Sofia si veste sempre di nero
 
Sofia si veste sempre di nero 2017-07-09 22:11:23 Elena72
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Elena72 Opinione inserita da Elena72    10 Luglio, 2017
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la nascita è una nave che parte per la guerra

“Sofia”, disse l'infermiera a voce alta, “lo sai che cos'è la nascita? E' una nave che parte per la guerra” (p.9)

La vita di Sofia Muratore assomiglia proprio ad una guerra, una continua battaglia per la sopravvivenza. Un parto prematuro la pone fin da subito in una situazione di precarietà, in bilico tra la vita e la morte: la piccola viene posta in rianimazione e affidata alle premurose cure di un'ostetrica. Sua madre, Rossana, aspirante artista, non sembra in grado di occuparsi continuativamente della figlia: alterna infatti momenti di euforia a crisi depressive che le impediscono di prendersi cura della bambina. Suo padre, Roberto, ingegnere all'Alfa Romeo, sopravvive ad un matrimonio infelice dapprima buttandosi a capofitto nel lavoro, poi trovando consolazione in un'amante. Roberto, sebbene animato da buone intenzioni, non pare però trovare un canale di comunicazione efficace con la figlia che proverà ad avvicinarsi a lui solo quando sarà troppo tardi. La sola persona che sembra dare conforto a Sofia è la zia Marta, sorella di suo padre: personaggio dalla vita molto alternativa e combattiva, la zia è l'unica che si accorge della sofferenza della nipote e si attiva per supportarla offrendole ospitalità quando Sofia, devastata da una situazione familiare insostenibile, tenta il suicidio inghiottendo psicofarmaci e superalcolici.
Sofia è prima una bambina sensibile, poi un'adolescente fragile: i litigi dei genitori, la malattia psichiatrica di sua madre e la morte di suo padre, la portano a prendere le distanze dalle persone che ama nel tentativo di difendersi dalla sofferenza. Anche dal punto di vista sentimentale, infatti, Sofia non sembra in grado di mantenere legami stabili e non a caso alla fine del romanzo verrà paragonata a Holly Golighly, la famosa protagonista di Colazione da Tiffany, affascinate e sfuggente.

Non so spiegare cosa ci sia nei libri di Cognetti che mi cattura: sicuramente non è la trama, tutto sommato non trovo le sue storie così originali; non posso nemmeno affermare che siano i personaggi a rapirmi, anch'essi sembrano infatti emergere dalla banalità del quotidiano. Credo dunque che a piacermi, di Cognetti, sia il modo di raccontare, semplice e diretto: con poche parole sa dare vita a personaggi molto credibili, autentici.
Questo romanzo è costruito ad episodi: in ogni capitolo, che può essere letto anche come un racconto a sé stante, emerge un personaggio secondario che, temporaneamente, assume il ruolo di protagonista. Storie brevi che formano un quadro unitario, legate da un sottile, ma ben saldo, filo conduttore.

“Sofia si veste sempre di nero” mi ha lasciato una sensazione di tristezza, di malinconia, di sofferenza, ma non di disperazione. La vita è una guerra che ci costringe a combattere ogni giorno la nostra battaglia: a volte perdiamo, a volte riusciamo a conquistarci quel poco che ci basta per essere, come afferma Sofia, felici adesso.

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